Una Tragica Fenice

Dalle ceneri di una fenice germoglia l'uovo della seguente; per due volte la Fenice di Venezia ha onorato la tradizione, bruciando e risorgendo. Vi sono entrato, per la prima volta, sabato scorso. Respirare in un tempio del genere ispira una umile venerazione; calpestare i passi di chi ha ascoltato molte prime di Verdi e Rossini non lascia certo indifferenti.


L'orchestra filarmonica della Fenice, diretta per l'occasione da Eliahu Inbal, ha proposto la sesta sinfonia di Mahler. Del compositore boemo avevo ascoltato solo la prima, la quinta e la nona; mi sono bastate per accostarlo a Beethoven nel mio personalissimo olimpo sinfonico, in senso stretto. Una sinfonia deve essere come il mondo; deve contenere tutto, disse una volta; ascoltarlo equivale ad abbandonare completamente le proprie certezze ed esplorare gli anfratti malati e ignoti della sua musica. Non serve che io commenti la Tragica; come al solito, molti lo hanno già fatto, e molto meglio di quanto possa fare io. Dirò solo che non si assimila una potenza del genere, di contenuto e di organico musicale, finchè non la si subisce dal vivo. L'inquietudine di vivere, ancor più greve se emanata da un uomo apparentemente di successo; l'ineluttabile male che affligge la sua prole, come interpretato dalla moglie stessa; e l'indifferenza del fato, che schianta l'uomo più volte prima di coprirlo con l'ultimo velo, tutto questo lo si avverte sulla propria pelle soltanto se si permette a degli scultori di rilievo, quale è Inbal, di incidertela addosso.

Ebbi la possibilità di ammirare le capacità di penetrazione psicologica di quell'uomo di genio (Mahler, ndA). Nessuna luce illuminò ad un certo punto i sintomi della sua nevrosi ossessiva. Era come scavare con un bastoncino in un edificio misterioso.
(Sigmund Freud)

0 commenti: