Degli inni della Serenissima

Per quanto vuoto e retorico per propria natura, un inno nazionale non è mai vano. La cultura di una nazione vi si identifica; se non estremizzato in sterile nazionalismo, può insaporire delicatamente il rapporto con la propria terra. Ma trovo piuttosto irritanti gli inni con effetto retroattivo.
Penso sia più che legittimo, per una nazione nata in seguito alla moda degli inni (diciannovesimo secolo) procurarsene uno, se ciò le aggrada; ma alquanto stupido è affibiarne uno ad una nazione, morta e sepolta, che non ne ha mai avuto alcuno. La Serenissima Repubblica è defunta nel 1797, spoglia di inni come quasi tutte le altre nazioni dell'epoca; e spesso si legge invece che l'Inno a San Marco sia da sempre sulle labbra dei veneziani. Fa sorridere come tanti secessionisti veneti difendano un testo redatto in un perfetto italiano, riempiendosi la bocca di argomentazioni ostentatamente in veneto (uno dei tanti, non importa quale). Attenzione: non nego di apprezzare l'Inno a San Marco; ne disdegno, piuttosto, le storpiature politiche. 
Ho provato a fare qualche ricerca, online e offline, sul testo; ho ricavato solo il nome, presunto, dell'autore (A. Bembo) e la conferma che è stato utilizzato a più riprese dal Battaglione San Marco, Marina Italiana oggi, Regia Marina ieri. Molto venete entrambe. Ora, l'unico A. Bembo di cui io ho cognizione é Ambrosio, nobile veneziano e ufficiale di marina del diciassettesimo secolo, che redasse un diario dei propri viaggi per mare. Il testo dell'inno appare ben più recente, e ben più toscano; tendo quindi a ritenere la fonte come non attendibile. Ad ogni modo, se qualcuno ha fonti migliori delle mie, sono sempre aperto a conferme o smentite.
Il buon Alessandro, di recente, mi ha segnalato un'alternativa più seria. L'oratorio Juditha Triumphans è stato composto nel 1716 per celebrare la riconquista veneziana di Corfù ai danni delli Turchi; il coro finale, il Salve Invicta Juditha Formosa, é una ben poco nascosta celebrazione trionfale. Compositore e paroliere sono noti (Antonio Vivaldi/Jacopo Cassetti); ciononostante, il succo del discorso non cambia. Non mi risulta che in occasioni ufficiali Venezia ricorresse al coro vivaldiano; ancora una volta, l'elevazione ad inno è un falso storico che sembra soddisfare movimenti più politici che non culturali. 
Suonerò probabilmente vano, ma si vocifera che tentar non nuoce: invito tutti gli interessati all'argomento a mantenersi allo stesso livello, l'unico possibile, al quale quest'aria mi è stata proposta: quello culturale. Sono orgoglioso di essere discendente della Serenissima, e mi vergogno dell'Italia d'oggi; ciononostante, riesco a pensarmi allo stesso tempo veneto e italiano. La cosa non mi crea scompensi ormonali come a tanti altri; trovo piuttosto infantile infangare nomi illustri, noti ed ignoti, con mollacciose diatribe. Ascoltiamoci Vivaldi, che è sempre così nuovo e sempre così se stesso, sprofondiamo in questa e in altre delizie di cultura veneta, e finiamola lì.

Salve invicta Juditha formosa. From Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie (RV644), Antonio Vivaldi, 1716.


Arma, caedes, vindictae, furores. From Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie (RV644), Antonio Vivaldi, 1716.

1 commenti:

Alex from Venice ha detto...

Bello il pezzo di Vivaldi. Ma il mistero dell'Inno a San Marco rimane.
Il testo accenna al gondoliere che triste spinge la barca al remo, e usa il passato remoto: tu FOSTI regina sui mar (ma ora non lo sei più).
Questo fa pensare a un'origine post-1797. Forse anche un bel po' dopo, forse addirittura dopo l'unità d'Italia. Ma sto navigando a naso.
Mio padre, classe 1924, me la cantava spesso... e la musica è sicuramente più bella di quella del nostro sfortunato Inno, del povero Goffredo Mameli.