Timballo di more

Il timballo di more è una ricetta classica, come testimonia la natura morta di Heda, ma non facilmente reperibile in rete; ne ho trovata una all'interno di una enciclopedia generale di cucina. Le più comuni ricette a base di more portano a torte estremamente dolci e con scarsissimo contenuto di frutta; ho spolverato la ricetta del timballo perché permette di consumare un quantitativo decisamente maggiore di more, e quindi di ottenere un sapore molto più fruttoso.
Willem Claesz Heda, Natura morta con timballo di more.
1631, olio su legno. 54 X 82 cm.
Dresda, Staaliche Kunstsammlung.

La preparazione in sè non è difficile; la base è pasta frolla a preparazione classica, due etti di farina, uno di burro, uno di zucchero, scorza grattugiata di mezzo limone, tre tuorli, un pizzico di sale e tanto amore. Si impasta con la punta delle dita molto velocemente, tenendo a portata di mano un bicchiere di acqua fredda per raffreddare le dita nel caso in cui la pasta sia troppo calda. Quando la pasta è omogenea bisogna fermarsi subito. Se la pasta è bruciata (si spacca in mano) la si lega con un albume. Dopo averla fatta riposare per un'ora al fresco, si prendono due terzi della pasta frolla e li si stendono come base nella tortiera. Il ripieno, ovviamente, è a base di more, non troppo mature, sui sei-sette etti, condite con un etto di zucchero, la scorza grattugiata dell'altro mezzo limone, cannella in polvere e noce moscata, entrambe a profusione; attenzione nella fase di mescolamento a non rompere le more. Una volta rovesciato (delicatamente) il ripieno nella tortiera, si stende a disco il terzo di pasta frolla rimanente e lo si adagia a chiudere il timballo, premendo i bordi per chiudere la pasta frolla.
I tempi di cottura variano a seconda della dimensione della tortiera. Se usate quella da 26 cm, c'è bisogno di un forno presiscaldato a 190°, per un totale di 50 minuti circa; se si usa quella più piccola e più alta, 200° per 55 minuti. Il timballo è fragile di suo, in quanto la pasta frolla è stata usata anche per il coperchio; a maggior ragione, se usate pure la tortiera grande, gli spessori si assottigliano di molto, quindi sono necessarie molta manualità e delicatezza. Una volta cotto, si può decorare con qualche mora e servire tiepido o freddo.

Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/80, f/1.8; ISO 400.

Il timballo è già perfetto da solo; chi lo spolvera di zucchero a velo commette un'empietà. Piuttosto, lo si può accompagnare, se si vuole, ad una salsa di more che si prepara in qualche minuto. Ottima, tra l'altro, pure con la panna cotta.
Un paio di etti di more, succo di mezzo limone e un cucchiaio di zucchero in un pentolino antiaderente; si porta ad ebollizione schiacciando le more e lo si lascia densificare a seconda delle preferenze. Io consiglio 5-7 minuti. Con le more intere, la salsa è molto densa, granulosa e acidula; in alternativa, si possono schiacciare e filtrare le more con un passaverdura e versare il sughetto nel pentolino prima della cottura. La salsina così è più omogenea e leggermente più dolce, seppur sempre acidula.

Pasta frolla
200g farina
100g burro
100g zucchero
3 tuorli
scorza di 1/2 limone grattugiato
sale
tanto amore
Ripieno
700g more
100g zucchero
cannella in polvere
noce moscata
scorza di 1/2 limone grattugiato
Salsa
200g more
30g zucchero
succo di 1/2 limone
 
Fate molta attenzione quando lo tagliate, è quasi impossibile che il timballo rimanga in fetta perfetta; le foto e la natura morta testimoniano. Il gusto dovrebbe pareggiare la delusione.

Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/125, f/1.8; ISO 200.

Sui molti nomi del Lemene

[...] Sequitur decima regio Italiae, Hadriatico mari adposita, cuius Venetia, fluvius Silis ex montibus Tarvisanis, oppidum Altinum, flumen Liquentia ex montibus Opiterginis et portus eodem nomine, colonia Concordia, flumina et portus Reatinum, Tiliaventum Maius Minusque, Anaxum, quo Varamus defluit, Alsa, Natisa cum Turro, praefluentes Aquileiam coloniam XV p. a mari sitam. [...]

Segue la decima regione italiana, posta di fronte al Mare Adriatico, a cui appartengono il distretto di Venezia, il fiume Sile che nasce dai monti di Treviso, la città di Altino, il fiume Livenza che scende dai monti Opitergini e il porto omonimo, la colonia di Concordia, i fiumi e il porto Romatino, il Tagliamento maggiore e minore, lo Stella, in cui affluisce il Varmo, l'Alsa, e il Natisone con il Torre che attraversano la colonia di Aquileia, situata a 15 miglia dal mare.

Il passo è tratto dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, terzo libro (geografia del Mediterraneo occidentale); è abbastanza famoso e descrive sommariamente la zona costiera della X Regio romana (Venetia et Histria) fino ad Aquileia. La traduzione è nuovamente mia; nuovamente, perdonatemi abbagli. Nel brano, ciò che più salta all'occhio è l'assenza del Piave e la presenza di un Tagliamento maggiore e di uno minore; di questi ultimi due parlerò in un'altra occasione.
Il fiume Reatinum altro non è che il nome latino del Lemene. Sulla genesi dei due nomi, quello storico e quello recente, sono state avanzate svariate ipotesi, talune attendibili, tante divertenti; le riporto come curiosità.

Palazzo Municipale sul Lemene, Concordia Sagittaria.
Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 8s, f/16; 400 ISO.

Ercole Partenopeo (a dispetto del nome, fervente friulano), nella propria Descrittione della nobilissima patria del Friuli (1604; ricordo che il Lemene nasce in terra di frico), fa risalire il nome latino del fiume all'eroe Aromato (o Aromaco), uno dei cinquantaquattro figli di Priamo, che con Antenore sarebbe sbarcato nelle Venezie dopo la fuga da Troia. Il mito si rifà alla tradizione storiografica romana; Virgilio immagina i romani discendenti di Enea e quindi dei troiani; i Veneti, popolazione al tempo non sottomessa, bensì prima alleata e poi inglobata, vengono rivalutati come parenti stretti, ovvero come discendenti di Antenore, mitico fondatore di Padova. Peccato che Antenore sia uno dei traditori della patria troiana (consegna il Palladio, talismano invincibile, a Ulisse e Diomede, per pararsi il fondoschiena: secessionisti veneti, questa è tutta per voi); ma stiamo divagando.
Aromaco penso sia una storpiatura dell'Archemaco figlio di Priamo, nominato nella Biblioteca di (pseudo)Apollodoro e da Igino Astronomo nelle Fabulae; il nome significa Colui che guida la battaglia, ma nonostante il nome altisonante, si accontenta di seguire Antenore e di stanziarsi a una discreta distanza, fondando Portogruaro. Da Aromato/Aromaco sarebbero quindi derivati i nomi Reatinum/Romatinum per i fiumi. Inutile sottolineare quanto poco attendibile tutto ciò sia; senza scomodare le fantasie di Virgilio, Portogruaro è cittadina medioevale, non romana, e il fiume ottiene il suo bel nome ben prima della stesura dell'Eneide.
Sul nome latino non ho altre fonti; ovviamente, se qualcuno ne sa più di me, sarò ben lieto se vorrà aggiornarmi.

Il nome Lemene è più recente e offre quindi un maggior numero di interpretazioni. Distensione del più antico Lemno, i più lo vogliono derivato dal latino limen, ovvero confine, tenendo conto anche della posizione del fiume, a cavallo tra Veneto e Friuli storici. Zambaldi, nel diciannovesimo secolo, rigetta questa ipotesi e ne propone molte altre, inventate o riportate da varie fonti. Purtroppo, egli è molto preciso nelle citazioni di documenti storici (vedi altro post) quanto entusiasta nelle congetture, proprie o altrui. 
L'alternativa semplice è il greco λιμήν (in caratteri latini, per puro caso, limen), che significa porto; in effetti, Concordia e il suo porto sono scali commerciali discretamente importanti in epoca latina; peccato che quando il nome Lemene si afferma (epoca post-romana) tutto ciò che attornia il fiume è riassumibile in paludi, ruderi e zanzare. Spinta dalla citazione greca, immancabile arriva la l'alternativa letteraria: il nome sarebbe quindi una contrazione di Pilemene, condottiero dei Paflagoni, alleati troiani, ucciso da Menelao nell'Iliade. Probabilmente egli fu intimo amico di Archemaco, visto che i fuggiaschi che si stanziano a Portogruaro (fondandola centinaia di anni prima del tempo) decidono di onorare il caro defunto dando il suo nome al fiume che attraversa il territorio. I fuochi d'artificio, infine, arrivano con l'ultima alternativa: Lemene deriva da lemme lemme, vezzoso nomignolo per un placido fiume, come riportato già in qualche storico (non citato, unico caso nel libro).

Volendo credere a Google Maps, infine, il vero nome del fiume dovrebbe essere Le Mene. Sant'Agostino e Varrone insegnano come Mena fosse la divinità minore romana che regolava il flusso mestruale delle donne. Il Piave è stato rosso per il sangue dei patrioti italiani; il Lemene, evidentemente, per altri motivi.

Un'ultima osservazione. Plinio usa il plurale neutro flumina; il fatto non è casuale. In hoc tempore, il Lemene alto, dalle risorgive nei dintorni di Casarsa fino alla zona della odierna Portogruaro, è chiamato Reatinum Minus. Dopo la confluenza con il Reghena (o Ragogna, come si legge negli ormai polverosi volumi della Corografia dell'Italia del Rampoldi, 1832) assume la status di Reatinum Maius.

Fonti
Naturalis Historia, Liber III, cap. XVIII, 126.
Plinius Maior, 77.
Su LacusCurtius.

Monumenti storici di Concordia, già colonia romana nella regione veneta.
Serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro.
Antonio Zambaldi, 1839.

Corografia dell'Italia, Volume 2.
Giovanni B. Rampoldi, 1833.

Torneo di Palo 2011

Da qualche mese la mia Canon 450D monta spesso e volentieri l'ultima arrivata in campo di ottiche, ovvero l'economica ma performante Canon EF 50mm f/1.8 II; tuttavia, ho avuto modo di metterla alla prova seriamente solo nella serata di venerdì scorso, sul campo del Torneo di Palo.
Due parole per chi non è concordiese. Il gioco del palo può essere considerato lo sport per eccellenza del paese; l'associazione culturale ilPALO lo mantiene strenuamente vivo con l'immancabile torneo estivo, che quest'anno è arrivato alla diciannovesima edizione. Quattro contro quattro su un campo di basket in cemento, i pali di sostegno dei canestri fungono da "porte"; qui maggiori informazioni sulla disciplina. Il gioco, dati gli spazi stretti, è molto frenetico, passaggi frequenti e veloci e conclusioni fiondate al primo spiraglio libero. Insomma, una manna dal cielo per testare il nuovo arrivato.
Sono piuttosto soddisfatto dei risultati, sebbene non abbia potuto rinunciare agli 800 e 1600 ISO: la luce era pochina e non si possono fare miracoli con il diaframma a 1.8, dopotutto. La dovuta frenesia dei giocatori ha generato motion blur grezzi ma piacevoli. Tutto acquisito in JPG, niente post-processing.

From 20110722 - 19° Torneo del Palo

Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/200 s, f/1.8; 800 ISO.


Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/200 s, f/1.8; 1600 ISO.


Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/250 s, f/1.8; 1600 ISO.


Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/200 s, f/1.8; 800 ISO.


Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/200 s, f/1.8; 800 ISO.


Canon EOS 450D con Canon EF 50mm f/1.8 II; 1/200 s, f/1.8; 800 ISO.

Luce sui secoli bui di Portogruaro

Preferisco di gran lunga la fisicità di un libro di carta rispetto all'impalpabilità eterea di un documento virtuale; e sempre la preferirò. Ma ammetto che il mondo digitale sfoggia titanici punti di forza. Google Books, ad esempio, è una manna dal cielo; sono riuscito a scovare qualche perla rara che non ero mai riuscito a trovare nei miei pellegrinaggi attraverso il Veneto Orientale, virtuale o fisico.

Tra le tante questioni spinose dettate dalla mia curiosità, figura l'appartenenza storica della zona di Portogruaro e Concordia ad una o ad un'altra bandiera. Il Veneto Orientale è sempre stato terra di confine, divisa tra l'aquila friulana e il leone marciano; la risposta non è immediata, nè semplice. Entrambe le potenze erano allettate dal feudo; il Lemene era navigabile fino a Portovecchio, ed era una delle vie più facili per la penetrazione delle merci germaniche nell'Adriatico e viceversa.
Per i faciloni, Wikipedia fa una confusione tremenda. Su molti libri di storia locale, l'argomento è evitato o accennato di sfuggita, almeno per quanto riguarda i secoli che vanno dalla fondazione all'annessione alla Repubblica di Venezia. Ho trovato le risposte mancanti in un libello del 1839, scritto dallo storico Antonio Zambaldi, intitolato Monumenti storici di Concordia, già colonia romana nella regione veneta. Serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro.
La fondazione di Portogruaro risale al 10 gennaio 1140; il vescovo Gervino concede i terreni a nord di Concordia e a sud di Portovecchio ai primi portolani. Il villaggio cresce, diventa prima paese e poi cittadina. E' comune indipendente per lungo tempo, di fazione ghibellina, come testimoniano ancora adesso le merlature della loggia comunale, edificato nel 1265 (mangiabambini già a questo tempo). Le influenze della Repubblica di Venezia ad Occidente e del Patriarcato di Aquileia ad Oriente sono tuttavia crescenti. Concordia, nonostante lo stato di completo abbandono, conserva ancora la sede vescovile (nonostante il vescovo sia bellamente stanziato a Portogruaro) e quindi il potere temporale (nominale) sui feudi della zona. Negli anni a venire, sia il Patriarcato che la Repubblica hanno modo di allungare le mani sulla vita politica, sociale e religiosa dello staterello-cuscinetto, avendo però cura di non farlo ufficialmente, bensì alla maniera delle patate: Zambaldi sfodera elenchi di investiture, edificazioni di ospedali o conventi, posizionamento della persona giusta al momento giusto, in una turbinosa e divertente danza diplomatica. Qualche esempio: nel 1300 il vescovo di Concordia consegna il potere nelle mani di famiglie nobili "sole capaci di esso governo; benché con alquanta limitata autorità, da che vennero questi abitanti sotto la protezioni dei Patriarchi d'Aquileja, mentre quelli da prima aveano ogni Autorità [...]"; nel 1323, tra le cartacce del comune figura "una ducale riguardante un certo Nicolò Mucio cittadino veneto"; e via alla profusione di sleccate diplomatiche tra la Repubblica e il comune.

E' interessante notare che comunque Portogruaro mantenne sempre una viva autonomia riconosciuta, in barba ai semplicioni che sostengono la sempiterna appartenenza di Portogruaro al Friuli. Nel 1334, il Podestà di Treviso riconosce l'indipendenza dal Patriarcato in una lettera al conservatore della Chiesa di Concordia (la Signoria di Treviso, ostile al Patriarcato, mette in atto in questo periodo pesanti politiche di rappresaglia economica verso i friulani):

...Qua propter concedimus quibuslibet mercatoribus et aliis personis Episcopatus praedicti, infamia non suspectis, posse libere et impune cum personis mercationibus et rebus suis, aliquibus repressaleis non obstantibus, accedere ad civitatem Tervisii et districtum, et ibidem stare ad sui libitum et redire.

Il testo fornisce solo la versione in latino. La mia traduzione è figlia del rispolvero del latino scolastico, quindi abbiatene pietà; quel repressaleis dovrebbe essere un'inflessione medioevale, o un refuso.

...Quindi concediamo a qualsiasi mercante o altro individuo del vescovado di cui sopra (Concordia, ndA), a patto che non sia un malvivente, di poter accedere impunemente e liberamente alla città di Treviso e al suo distretto, con gente, mercanzie e suoi averi, senza subire alcuna limitazione, e di rimanervi e partire a propria discrezione.

Questa autonomia, comunque, durerà ancora poco, viste le frequenti incursioni nel feudo da parte di milizie e la politica molto mobile del tempo. La stabilità verrà raggiunta nel 1420 con la domanda di annessione alla Repubblica di  Venezia, nello stesso anno in cui questa si apprestava a sottomettere l'intero Friuli. Da qui la storia è nota; la città manterrà ancora gran parte dell'autonomia che la contraddistingueva, e altri benefici; uno su tutti, il monopolio del ferro di tutta la Repubblica.

Lo Zambaldi si è rivelato una miniera di informazioni, e questo solo alla prima lettura. Non vedo l'ora di leggere il testo nel dettaglio e fonderlo in altri post.

Fonti
Monumenti storici di Concordia, già colonia romana nella regione veneta.
Serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro, 1839.

Un artista da nulla

Sulla scia del grande successo ottenuto dalla mia prima opera, ho spremuto ancora più a fondo il mio genio e ho partorito un capolavoro alla portata di tutti. Non costa nulla.

 Nulla
AlessandroC, 2011
Materiale e dimensioni nulli

John Cage docet. 
I Cristiani dicono che Nulla è superiore a Dio e i nazionalisti che Nulla è più importante della Patria. Modestamente ringrazio.

Virtualmente perfetti

L'aspirazione al bello, nelle sue accezioni più varie (benessere, piacere, comodità, vantaggio, avvenenza), muove il mondo dalla sua nascita. La selezione naturale, ciclicamente, ne delinea i profili (Il più adatto è il più bello); la natura stessa la introduce e l'umanità, figlia degenere, la corrompe.
Gli Egizi per primi sfalsano la realtà e cominciano a truccarsi; i Greci continuano la tradizione e riformulano il macroconcetto (Kalòs kagathòs, bello e buono: Efialte è deforme e tradisce Leonida). Il progresso incentiva la corsa allo sfalsamento, la competizione naturale resa superflua. L'aspirazione al bello tuttavia persiste e trova due valvole di sfogo: la plasmatura di tutto ciò che è individuo; e quella di tutto ciò che non lo è. La prima non ha nome; la seconda si chiama arte e spesso sconfina nella sorella.
Quella corsa verso il miglioramento di se stessi segue una propria strada e influenza l'arte in seconda battuta. La millenaria e monotona tradizione cosmetica, al giorno d'oggi, sta violentemente lasciando il posto alle nuove chimere; volgarmente, chirurgia plastica nel passato prossimo, e realtà virtuale nel presente. Gli strumenti si adattano all'ambiente. La scoperta del metallo ha concesso l'aratro e la spada; in giorni digitali, dove il social networking snatura il concetto di amicizia - fondamentale alla sopravvivenza in passato - Photoshop è lo strumento sovrano e lentamente scalza i precedenti.
L'appiattimento sarà ancora più forzato nel futuro lontano; non è sbagliato presupporre, dato un sufficiente lasco temporale, un avanzamento tecnologico notevole. Ora la persona è sviscerata digitalmente; prossimamente sarà plasmata dal nulla. E' lecito pensare a persone, politici, attori completamente digitali; l'arte finalmente si fonderà alla ricerca del bello per non staccarsene più, e con lei morirà, in maniera definitiva, la relazione sociale fisica.
Le conclusioni dipinte sono presumibilmente false, ma è possibile leggervi in essa stracci isolati di verità. L'aberrazione che si può provare è insignificante. Un contadino medioevale troverebbe aberrante il nostro mondo, come noi consideriamo vuoto il suo; è ragionevole supporre che, tra centinaia di anni, noi saremo vuoti agli occhi di chi noi penseremmo come aberranti.

Fuckin' Hostile Baby

A BABY HEADBANGING TO PANTERA
Your argument is invalid

Se mi cimento con l'arte moderna

Ho realizzato la mia prima e ultima opera d'arte. Una carriera, devo dire, fulminante: esordio con capolavoro e ritiro all'apice.

Capolavoro in potenza
AlessandroC, 2011
Pastelli su carta, 29.7 x 21.0 cm

Non mi aspetto che comprendiate la grandiosità della mia offerta; Francesco Guardi e William Turner condivisero il mio destino. Mi aspetto invece che la paghiate, sonoramente. Al via l'asta: accetto qualsiasi tipo di pagamento o tributo, natura esclusa.