Il mondo che vorrei

I bambini di tutto il mondo sterminano i grandi. Quando diventano grandi  a loro volta, si riproducono e poi si suicidano. La terra é salva.

Si scopre che i rospi sono animali intelligentissimi e che parlano fluentemente la nostra lingua, e che prima non si sapeva perchè nessuno glielo aveva mai chiesto.

A X Factor si presenta un cantante brutal death, vomitando in studio e bestemmiando in sanscrito al contrario. Stravince a furor di popolo e giuria. Radio Maria lancia il singolo a catena. Gianni Morandi prende atto della svolta e diventa il nuovo cantante dei Cannibal Corpse.

Un papa futuro, sul letto di morte, sghignazza sibilando sono tutte stronzate, vi abbiamo fottuto per duemila anni, poi esplode in un tripudio di coriandoli. Dio riconosce la sconfitta e paga una birra al demonio. Il Vaticano diventa un locale lounge di tendenza per sei mesi, poi basta, che alla Mecca ne hanno aperto un'altro che è 622 anni più avanti.

Il mondo diventa un gioco di ruolo fantasy. Esci di casa, combatti con i mostri, impari nuove magie e salvi il mondo dal cattivone massacrandolo con la tua Spada del Destino.

L'influenza suina si combina con l'aviaria e si scopre che è la cura definitiva per il cancro.

Un giornalista del Giornale riceve una lettera di minacce di morte dalle BR, poi si scopre che se la era scritta e mandata da solo. (Ah no, scusate, questa é successa sul serio (ANSA) ).

Divento immortale e quando l'universo finisce fluttuo nel nulla per l'eternità. Per passare il tempo, compongo mentalmente tutti i libri della biblioteca di Borges.

Un delfino diventa il nuovo conduttore di Porta a Porta.

La morte va a Uomini e Donne come tronista, ne sceglie una dopo tre mesi, se la fa, poi falcia tutti i presenti.

La sinistra fa opposizione.

Le donne imparano a far benzina.

I rotoloni Regina finalmente si fermano, seppelliti da una montagna di merda che cade dall'alto mentre stanno attraversando la Polonia.

La Mafalda

Il Vaticano trova sempre modo di berciare qualcosa senza senso.
Ricorda sempre di più Mafalda, l'acida vecchiaccia che abita nel tuo condiminio, quella zitella di faberiana estrazione (così una vecchia mai stata moglie / senza mai figli, senza più voglie), che vota contrario all'introduzione dell'ascensore alle riunioni del condominio, che tanto lei abita al piano terra, e te ti fai due gambe da terzino per entrare nel tuo appartamento al sesto piano, e se fai la spesa grossa devi chiamare una di quelle aziende che spostano pianoforti. Piena di soldi da poter comprare Sony,  Finlandia e mezzo yacht di Abramovich e avere ancora qualche bigliettone per pulirsi il culo, ma quando ci parli assieme ha due maglie e tre calze addosso perché in casa sua fa tanto freddo che per scaldarla metà del suo gatto si é buttato nel fuoco per compassione, mentre l'altra metà si é cucinato per non farla morire di fame.

Mafalda si fa sempre i cazzi di tutti. Oggi sculaccia l'UNESCO, colpevole di scegliere i patrimoni dell'umanità in modalità maccheronica (notizia ANSA). Si bacchetta, in particolare, il Carnevale di Rio, la Lola del terzo piano, simpatica, intelligente e bellissima, quindi immorale, benché cattolicissima.



Il problema della Mafalda é che non muore mai. Ti martella i coglioni con le sue paranoie del cimitero che si avvicina, ma di crepare sul serio, non ci pensa manco per il cazzo. Anzi, ti sopravvive. La Mafalda sopravvive a tutti. Spala la terra sopra il nostro cadavere, fuma un sigaro e si fa i gargarismi col whiskey. Poi via al torneo di canasta, che quelli vivi ancora ci stanno.

Tonberry Cake

Dedicato a tutti quelli che hanno giocato ad un Final Fantasy.




AP +1.

De Andrè canta De Andrè

Forte di un ritardo che ormai non tento più di risparmiare ai pochi lettori del blog, ho decantato con molta calma le impressioni sul concerto di Cristiano De André, sabato 14 novembre, Jesolo, Palazzo del Turismo.

Il concerto é iniziato con un ritardo perdonabile, quindici minuti, una sciocchezza in confronto al mio, ricordate le righe precedenti, che però ha avuto il pregio di concedermi un incipit deciso e diretto, è la tecnica di sbattere sotto il naso qualcosa a qualcuno per toglierle una altrimenti palese evidenza, sono concetti che Poe ha spiegato sicuramente meglio di me ne La Lettera Rubata.

Escono i musicisti, salutano gli strumenti, e attendono l'avvento di un De Andrè. E non si capisce se colui che esce é Cristiano o é suo padre, sembra appena uscito dal concerto di Genova del 1998, quello volgarmente registrato e venduto, gli stessi vestiti semplici, gli stessi movimenti. La luce quasi inesistente certo aiuta a confondere le idee, e sempre maggiori dubbi vengono alimentati quando la figura si siede e appoggia il piede sinistro sul ginocchio destro, alla Fabrizio, come se non avesse fatto nient'altro per tutta la vita. Segue uno sprazzo di certezza, Non può essere Faber, ha imbracciato un bouzouki, e quello lui non lo suonava, casomai c'era Mauro Pagani, o Cristiano, per l'appunto. Ecco, risolto l'arcano. E poi succede che l'ormai assodato Cristiano attacca con Mégu megún e con 'Â çímma, e il genovese che ne esce é modellato da una voce che lascia ben pochi dubbi all'ascoltatore, Miseria, Faber é tornato. Finiscono le canzoni, le luci si alzano, e Cristiano ringrazia, e saluta, e la voce, il viso, la spalla sinistra che si alza mentre parla, tutto é preso dal padre.

Il concerto prosegue, col tempo lo stupore iniziale scema e ci si abitua a quanto si ha davanti, questa é una banalità che non ha confini, ma serve a chi scrive per tagliare corto in un post che si sta già allungando troppo, quindi non facciamo i difficili e proseguiamo con piglio più oggettivo. Cristiano ha riarrangiato una selezione molto accurata nella già di suo accurata discografia del padre. Poco spazio ai classici, molto a perle quasi dimenticate, ecco che per la prima volta dal vivo chi scrive sente Ho visto Nina volare, Don Raffaè, Se ti tagliassero a pezzetti, Smisurata preghiera. Percorso molto personale per il figlio, che non tralascia Cose che dimentico, unica perla scritta a quattro mani col padre, Oceano, scritta da De Gregori e Faber ed a lui dedicata, e Verranno a chiederti del nostro amore, canto d'amore del padre per la madre Puni.
 
Tutto il concerto é una ricerca costante di De André, una rievocazione della sua figura, tramite aneddoti, tramite ricordi, una sfocatura / sfumatura verso il padre, un tributo che tanti hanno tentato ma che solo il figlio può permettersi senza sconfinare nel banale. Solo quando si alza e abbandona la chitarra, per dedicarsi al violino, Cristiano torna se stesso agli occhi degli astanti, ed eccolo divertirsi ad inseguire e ad essere inseguito dal gruppo sulle note di Zirichiltaggia, il più grosso regalo che poteva farmi, e Il Pescatore, senza ombra di dubbio i due migliori violini folk di cinquant'anni di canzone d'autore italiana. Oppure eccolo al pianoforte, per Dietro la Porta, con la quale arriva secondo a Sanremo nel 1993, o per La canzone di Marinella, troppo monumentale per solo osare sovrapporsi al padre.

Sprecherò alcune righe per tessere pure le lodi degli arrangiamenti, che svecchiano, se mai De André potrà suonare non attuale, stendendo un leggero velo rock su tutto il concerto, appesantito solo verso la chiusura su Quello che non ho e Fiume Sand Creek.

Due ore di concerto, poco più, per spazzare qualsiasi altro tributo a Faber. Il cantautore genovese, nonostante i timori di banalizzazione, che  penso di aver condiviso con molti, vive una seconda volta nel figlio, nei movimenti, nella voce, nella presenza.
Non invidio Dori Ghezzi.

Cosa mai penseranno di noi all'estero?

Tratto dalla serie TV 30 Rock. TV statunitense, ovvio.



Talmente vero e disarmante, che non ho nemmeno la forza di commentare.

No more crucifix?

Viva l'Unione Europea. La corte di Strasburgo ha bocciato la presenza del crocefisso nelle aule scolastiche italiane, e se ne frega altamente della tempesta mediatica che dall'Italia si è abbattuta su di essa. Oggi andrò a dormire contento.

E come non devono essere presenti i simboli cristiani, non devono nemmeno essere presenti nemmeno quelli induisti, o musulmani, o che ne so. L'ora di religione islamica è una stronzata, come quella di religione cristiana che già infesta la scuola, o quello che ne rimane.

Una buona alternativa potrebbe essere quella di rappresentarle tutte. Faccio un'ora di religione, e in quell'ora eseguo una panoramica super partes di come le stesse religioni affrontano un certo problema, di modo che ogni studente possa alzare lo sguardo, contemplare tutte le sacre effigi appese nell'aula (mezzelune, croci, vescica piscis e chi più ne ha, più ne metta) e decidere con la propria testa quale divinità adorare. O, nel caso, di mandarle affanculo tutte. E chi decide di professare una certa religione, lo può fare nei luoghi di culto appropriati, senza sventolare in faccia agli altri che lui ha ragione e che quindi lascia il cristo lì dov'è che va bene così.



Non venitemi a dire che il crocifisso rappresenta le nostre radici. La sua introduzione nelle scuole è dovuta a Mussolini e ai suoi fascistelli, a cui tanto piaceva patteggiare con il Vaticano. E quella tradizione cattolica, al pari di quella islamica, al pari di quella induista, ha sterminato popoli. Ne andate davvero così fieri?

Continuiamo a stringerci al petto un pezzo di legno con un tizio moribondo a penzoloni, o proviamo a recuperare il messaggio di amore originale di chi su un pezzo di legno c'è crepato veramente? Se fosse nato oggi, Cristo non ci penserebbe due volte a dichiararsi ateo. Poi scenderebbe dalla croce, se la porterebbe in falegnameria e ne ricaverebbe una culla.