Colza canarina

Da anni il treno mi concede, in questa stagione, di ammirare i campi di colza del Veneto Orientale e della Bassa Friulana. Non ho mai trovato il coraggio (la voglia?) di fotografarli; almeno, fino allo scorso Sabato Santo.
Beccarli nei dintorni di casa non è stato facile; quest'anno la colza regna sovrana attorno San Giorgio di Nogaro, ma scarseggia tra Latisana e Portogruaro. In una giornata particolarmente nitida, comunque, sono riuscito a scovarne un paio dai binari, in lontananza, all'altezza di Fossalta; dopo dieci minuti di viaggio a vuoto, sono riuscito a stanarli anche con la Fiesta, che ora lamenta tenaci strati di polvere.
La zona è suggestiva, vicina alla civiltà ma dimenticata dal tempo, che vi ha abbandonato gli antichi borghi di Gorgo e Fratta; un'autostrada incombente e uno spettro, la Tav, ora la minacciano. I campi di colza sono una satura pennellata nel paesaggio, e il silenzio irreale è rotto solo dalla timida vivacità degli insetti. Non so se sono riuscito a rendere l'atmosfera.

From Colza
Canon EOS 450D con Sigma 10-20mm F/4-5.6 EX DC HSM @10mm; 1/640 sec, f/5.6; ISO 200.

Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/320 sec, f/5.6; ISO 200.

Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/250 sec, f/5.6; ISO 200.

Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/320 sec, f/5.6; ISO 400.

Chi no studia magna poenta

Venezia, trattoria in Dorsoduro. Sabato 17 Aprile 2011, ore 21.30.

Una coppia molto inglese accanto. A lui viene servita coda di rospo alla griglia, con contorno di polenta e spolverata di prezzemolo fresco.

Lei: (riferendosi alla polenta) What is that?
(Dubbioso, lui spezzetta, annusa, assaggia)
Lui: Mmm... POTATOES
Lei: Ohhh, nice... FISH AND CHIPS


Rumatera, nuovo EP

Dopo un giusto atendimento, i Rumatera sono rientrati dalla campagna veneta, puntuali come la bella stagione. La grande V è il nome dell'ultima fatica discografica dei toxi de campagna per antonomasia; cinque pezzi e collaborazioni più o meno prestigiose, a seconda dei punti di vista. Succulento preludio ad un album completo?

In un post precedente ho proposto il video del pezzo omonimo, sincero tributo alla cultura (coltura?) veneta e alla gioventù che la popola. La felice accoppiata Rumatera/Chuma chums, già comprovata con Assa perdare i Pin Floi, dà vita ad un pezzo fortemente ritmato e dall'appeal decisamente commerciale. Il testo decisamente autoironico (semo i teroni del nord...) condisce saporitamente il tutto. Punta di diamante dell'intero EP.

Nialtri cantemo in diaeto ma savemo l'Italian
se mi cato fighe in spiaja parlo anca American
un fià de tedesco pa farse capire o de francese sò quatro cagae
dopo ventisinque bire go el dono dea lengua internassionae

Tosi come mi, unico pezzo interamente Rumatera, riporta a lidi leggermente più rocciosi. Il testo è piuttosto scontato, ma non per questo meno apprezzabile; essenzialmente, si tratta di una filippica modesta ma efficace per difendere il diritto di essere semplici tosi de campagna, senza doversene vergognare o dover cercare di essere qualcos'altro.

I te ride drio se no te si come de iori
a vita no se impara davanti ai teivisori!
I tosi come mi questo ormai lo gà capio
e desso semo nialtri che te ridemo drio!


Con Vergognosa si ritorna a toni ed atmosfere ben più note ai Rumatera. Il pezzo è molto energico (la collaborazione con le Cattive Abitudini si fa sentire) e decisamente più spensierato; ben si adatta al testo, sentito sfogo nei confronti di un'immaginaria morosa troppo morigerata.

E mi de notte che me sogno pornostar
che me rabalta su pal muro in camera
che me sgraffa, che me slecca
e co me svejo go parfin a goea secca
So dolgissimo te sa te vojo ben
ma go i cojoni grandi come bae de fen
e questa sera un pò piovosa
mi te vojo vergognosa

Già in passato i Rumatera avevano tentato testi in italiano, o comunque non in dialetto. Oggi mascherano un pò le intenzioni e ospitano Gianni Drudi in una delle loro canzoni, alternando il loro dialetto al suo italiano boccaccesco. Non trovo riuscito l'esperimento nemmeno in questa salsa: onore ad un dio del demenziale quale è Drudi, ma nella mia modestissima opinione i Rumatera non devono lasciare spazi se non al dialetto. Ad ogni modo Mi piace la foca è un altro pezzo fortemente commerciale e dal testo tutto sommato divertente, sebbene leggermente fallocratico.

Da quando che sò bocia xe stà a me preferìa
mea portarìa soi campi a scuoea in ciesa e in ostaria
go tanti tanti amighi che i ga anca sta passion
ghe piaxaria magnarla a pranso sena e coeassion 

Il punto debole dell'EP risulta essere, purtroppo, Sol bareotto del mas'cio, epica ballad acustica, posta in chiusura nell'album precedente (71 gradi). Lodevole l'idea di farlo cantare, in veneto storpiato, a degli ospiti d'onore quali il Trio Medusa, che son tutto tranne che veneti. Purtroppo, la loro interpretazione risulta essere solo una mesta storpiatura di quanto aveva fatto il Bullo in precedenza: l'imitazione del meridionale che lavora da una vita in Veneto, ne parla il dialetto ma non riesce a perdere l'accento. Una volta superato l'originale, tornare indietro non ha più senso.

Tu mi piaci molto molto molto
Tu mi piaci co te vè in giro pa l'orto
Te me piaxi co te me vardi un fià storto
Co torno casa marso
E so anca cascà drento a un fosso

Il minialbum è aquistabile sul sito della Boogie Records; tutti i  pezzi sono ascoltabili gratuitamente su YouTube, grazie al canale della label:

Rumatera - La grande V (feat. Chuma Chums)
Rumatera - Vergognosa (feat. Cattive Abitudini)
Rumatera - Mi piace la foca (feat. Gianni Drudi)

I testi completi sono disponibili sul sito ufficiale della band.

Venezia tra 18 e 55

Come precedentemente accennato, ho trascorso il weekend a Venezia. La fotografia non era nelle intenzioni originali; all'ultimo ho cambiato idea, concedendomi unicamente il Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS, ottica tanto base quanto leggera e facilmente trasportabile. Le giornate sono state fin troppo luminose, per finalità fotografiche; la quantità di soggetti che avrei voluto ritrarre con altre ottiche mi ha comunque scatenato una discreta voglia di tornarvi, attrezzato di tutto punto. Nell'attesa, questi gli scatti migliori; post processing molto sporadico qua e là (crop, leggere saturazioni, qualche contrasto accentuato nei sottoporteghi).

From Venezia - 20110417

Fero da próva di gondola, Ponte San Paternian.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @33mm; 1/250 sec, f/8.0; ISO 100.
Palazzo Contarini del Bovoło, torre scalare. Particolare.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @51mm; 1/125 sec, f/8.0; ISO 100.
Sottoportego e corte Coppo.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @32mm; 1/50 sec, f/8.0; ISO 100.
El gobo de Rialto, campo San Giacomo de Rialto.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @55mm; 1/320 sec, f/8.0; ISO 100.
Risso di gondola, Rio del Megio.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @55mm; 1/60 sec, f/8.0; ISO 100.

Una Tragica Fenice

Dalle ceneri di una fenice germoglia l'uovo della seguente; per due volte la Fenice di Venezia ha onorato la tradizione, bruciando e risorgendo. Vi sono entrato, per la prima volta, sabato scorso. Respirare in un tempio del genere ispira una umile venerazione; calpestare i passi di chi ha ascoltato molte prime di Verdi e Rossini non lascia certo indifferenti.


L'orchestra filarmonica della Fenice, diretta per l'occasione da Eliahu Inbal, ha proposto la sesta sinfonia di Mahler. Del compositore boemo avevo ascoltato solo la prima, la quinta e la nona; mi sono bastate per accostarlo a Beethoven nel mio personalissimo olimpo sinfonico, in senso stretto. Una sinfonia deve essere come il mondo; deve contenere tutto, disse una volta; ascoltarlo equivale ad abbandonare completamente le proprie certezze ed esplorare gli anfratti malati e ignoti della sua musica. Non serve che io commenti la Tragica; come al solito, molti lo hanno già fatto, e molto meglio di quanto possa fare io. Dirò solo che non si assimila una potenza del genere, di contenuto e di organico musicale, finchè non la si subisce dal vivo. L'inquietudine di vivere, ancor più greve se emanata da un uomo apparentemente di successo; l'ineluttabile male che affligge la sua prole, come interpretato dalla moglie stessa; e l'indifferenza del fato, che schianta l'uomo più volte prima di coprirlo con l'ultimo velo, tutto questo lo si avverte sulla propria pelle soltanto se si permette a degli scultori di rilievo, quale è Inbal, di incidertela addosso.

Ebbi la possibilità di ammirare le capacità di penetrazione psicologica di quell'uomo di genio (Mahler, ndA). Nessuna luce illuminò ad un certo punto i sintomi della sua nevrosi ossessiva. Era come scavare con un bastoncino in un edificio misterioso.
(Sigmund Freud)

Don't you like my moustache?

'Cause you know, dude, my moustache is damn hot.

Maine Coon silurati

Come da lungi agognato, questo blog ora è in cima alla lista dei risultati di Google, cercando Skies of Cydonia. 
See you, dear Maine Coons!

De Mattei e la Ricerca (della salute mentale)

Roberto De Mattei, vicepresidente del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ha rilasciato a Repubblica, nei giorni scorsi, un'intervista che oscilla tra assurdo e grottesco. La faccia di bronzo, volendo evitare trivialità, del personaggio è nota; infierire è inutile, le sue parole sono già sufficienti a ricoprirlo di ridicolo. Lo stato dell'arte della ricerca italiana, al momento, è piuttosto scoraggiante; questo intervento non aiuta. Risolleviamoci il morale con il buon senso al vetriolo di Richard Dawkins, e speriamo che anche in Italia intellettuali di questo stampo comincino presto a scalzare certi residui preistorici.

"What if i'm wrong!? What if YOU're wrong about the great Juju at the bottom of the sea?"

Rumatera nella grande V

Come divertirsi e divertire con tre accordi e un pò di poesia contadina. Cosa vuole di più dalla vita un rujo?

Mi no go el suv ma go l'alfetton
Vasco beve coca mi me ciavo grinton
ci vediamo da Mario, ma ga serà
xe bastà che na volta passassimo in bar
Laura non c'è, dov'è?
è andata via, a xe in camporea xò pa l'idrovia
dammi tre parole: io - te - pinciare
ma parlo de filosofia a cena co to pare
No gavemo foie da sento ma soeo che foie de raicio
erba bona bona bona pal vedeo e pal conicio
No semo traficanti, no semo gnanca santi
e se ghe sarà crisi, coltivaremo i campi
ghe xe chi che vien ghe xe chi che va
ma la grande V resta sempre qua


Degli inni della Serenissima

Per quanto vuoto e retorico per propria natura, un inno nazionale non è mai vano. La cultura di una nazione vi si identifica; se non estremizzato in sterile nazionalismo, può insaporire delicatamente il rapporto con la propria terra. Ma trovo piuttosto irritanti gli inni con effetto retroattivo.
Penso sia più che legittimo, per una nazione nata in seguito alla moda degli inni (diciannovesimo secolo) procurarsene uno, se ciò le aggrada; ma alquanto stupido è affibiarne uno ad una nazione, morta e sepolta, che non ne ha mai avuto alcuno. La Serenissima Repubblica è defunta nel 1797, spoglia di inni come quasi tutte le altre nazioni dell'epoca; e spesso si legge invece che l'Inno a San Marco sia da sempre sulle labbra dei veneziani. Fa sorridere come tanti secessionisti veneti difendano un testo redatto in un perfetto italiano, riempiendosi la bocca di argomentazioni ostentatamente in veneto (uno dei tanti, non importa quale). Attenzione: non nego di apprezzare l'Inno a San Marco; ne disdegno, piuttosto, le storpiature politiche. 
Ho provato a fare qualche ricerca, online e offline, sul testo; ho ricavato solo il nome, presunto, dell'autore (A. Bembo) e la conferma che è stato utilizzato a più riprese dal Battaglione San Marco, Marina Italiana oggi, Regia Marina ieri. Molto venete entrambe. Ora, l'unico A. Bembo di cui io ho cognizione é Ambrosio, nobile veneziano e ufficiale di marina del diciassettesimo secolo, che redasse un diario dei propri viaggi per mare. Il testo dell'inno appare ben più recente, e ben più toscano; tendo quindi a ritenere la fonte come non attendibile. Ad ogni modo, se qualcuno ha fonti migliori delle mie, sono sempre aperto a conferme o smentite.
Il buon Alessandro, di recente, mi ha segnalato un'alternativa più seria. L'oratorio Juditha Triumphans è stato composto nel 1716 per celebrare la riconquista veneziana di Corfù ai danni delli Turchi; il coro finale, il Salve Invicta Juditha Formosa, é una ben poco nascosta celebrazione trionfale. Compositore e paroliere sono noti (Antonio Vivaldi/Jacopo Cassetti); ciononostante, il succo del discorso non cambia. Non mi risulta che in occasioni ufficiali Venezia ricorresse al coro vivaldiano; ancora una volta, l'elevazione ad inno è un falso storico che sembra soddisfare movimenti più politici che non culturali. 
Suonerò probabilmente vano, ma si vocifera che tentar non nuoce: invito tutti gli interessati all'argomento a mantenersi allo stesso livello, l'unico possibile, al quale quest'aria mi è stata proposta: quello culturale. Sono orgoglioso di essere discendente della Serenissima, e mi vergogno dell'Italia d'oggi; ciononostante, riesco a pensarmi allo stesso tempo veneto e italiano. La cosa non mi crea scompensi ormonali come a tanti altri; trovo piuttosto infantile infangare nomi illustri, noti ed ignoti, con mollacciose diatribe. Ascoltiamoci Vivaldi, che è sempre così nuovo e sempre così se stesso, sprofondiamo in questa e in altre delizie di cultura veneta, e finiamola lì.

Salve invicta Juditha formosa. From Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie (RV644), Antonio Vivaldi, 1716.


Arma, caedes, vindictae, furores. From Juditha triumphans devicta Holofernis barbarie (RV644), Antonio Vivaldi, 1716.

Shooting at bees

Dopo le prime foto primaverili alle Prunoideae del mio giardino (vedi i fiori di pesco e i susinodragoni), avrei voluto chiudere la serie dando spazio alle Maloideae rimanenti, il pero (Pyrus communis) e il nashi (Pyrus pyrifolia). Tuttavia, in questo periodo, il profumo penetrante e pungente fino alla nausea dei loro fiori (chi ha vicino casa anche un semplice melo sa di che parlo) ha attirato torme di api; ed ecco che, repentino, ho cambiato soggetto per la sessione. Queste foto sono quanto di meglio ho potuto fare (la danza ebbra ed estatica di un'ape laboriosa non è facile da seguire con un tele); ogni foto è un particolare dello scatto originale, in un rapporto vicino allo 2:1. Saturazione molto alta in fase di acquisizione; crop in post-processing.

From Api
Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/640 sec, f/8.0; ISO 200.

Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/1600 sec, f/8.0; ISO 200.

Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/640 sec, f/8.0; ISO 200.

I nuovi Cieli Cidoniani

Ho svecchiato il look and feel del blog. 

Da buon amante dello stile minimal, ho eliminato tutti i fronzoli inutili, gadget e widget di varia natura, immagini, profili e tutto il resto. Ho scelto un template pulito ma elegante, ad una colonna singola (era da tempo che meditavo un cambiamento del genere, principalmente per migliorare la leggibilità dei post e la visione delle foto); ho dovuto comunque spendere un pò di energie per plasmarlo a dovere, recuperando nozioni arrugginite di html e affini. 
Inoltre ho aggiunto un certo numero di pagine statiche: una descrizione del blog, una di me stesso, tendente al goliardico ma non troppo, e una form per contatti per chi ha qualcosa da dire ma è troppo pigro o timido per lasciare commenti (non ci avrei mai creduto, ma ne esiste un discreto numero). Li ho piazzati sopra lo header; sono rimasto a lungo indeciso se infilarli sotto, ma mi ispirano di più così. In fondo gli unici widget che ho trovato utili: archivio, labels, e disclaimer di non testata giornalistica.

Dopo una settimana abbondante di release beta, mi reputo soddisfatto e non toccherò più nulla. Almeno, a breve termine.

Dragoni di Susino

Spronato dalla discreta soddisfazione per gli scatti al nocepesco, la settimana scorsa ho accettato la sfida di un susino (Prunus Domestica) che cresce dietro casa. La posizione all'ombra del nord e l'orario tardo (sette e mezza circa) non mi hanno permesso la stessa serenità di esecuzione della sessione precedente; ho dovuto ricorrere ai malefici ISO 800 della Canon 450, che purtroppo hanno riempito di rumore i bokeh, e a tempi non superiori al sessantesimo di secondo. Lo sfocato spinto è voluto, diaframma aperto al massimo e fuoco su singoli particolari dei draghi di fiori. In fase di acquisizione ho desaturato discretamente i colori e spostato la temperatura colore a circa 6500K per creare un'atmosfera leggera ma calda. In post-processing ho aumentato leggermente la luce.
In una prossima mattina, prima che i dragoni sfioriscano, mi aspetta una seconda sessione.

From Fiori di Susino
Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @109mm; 1/60 sec, f/5.0; ISO 800.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @179mm; 1/60 sec, f/5.6; ISO 800.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @250mm; 1/60 sec, f/5.6; ISO 800.
Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @194mm; 1/60 sec, f/5.6; ISO 800.

Quid agatur (cum) Taberna

Amo la musica classica, qualsiasi cosa si intenda con un termine così vago; l'attrazione è di vecchia data: indossavo un grembiule nero quando ascoltai per la prima volta l'Italiana di Mendelssohn. Da sempre mi accompagna qualche debole: il violoncello greve, la rassegnata viola, l'arpa eterea. Per lungo tempo il pianoforte non mi ha mai raggiunto, con l'unica eccezione del Piano Concerto n. 21 di Mozart; Alessandro Taverna è stata la mia conversione definitiva.
Ho conosciuto Alessandro prima di vederlo di fronte allo strumento; galeotte furono le Olimpiadi della Matematica, ai tempi del liceo. Ancora oggi mi spiazza ascoltare la sua voce compita, sul palco, abituato ad un tono più informale; ignoro se egli conosca il proprio doppio registro.
I settori musicali di cui mi reputo, non senza boria, competente, sono ben distanti; le discussioni tecniche sull'argomento sono quindi per altre fonti. Io sono solo un semplice auditore, e come tale vado ad impressioni; mi permetto di scrivere queste righe, perché ancora convinto che ogni plauso, per quanto piccolo, muova un artista.
Provo sempre timore ad elogiare una persona che conosco, per quanto meritevole; temo di suonare, anche se magari solo alle mie orecchie, poco oggettivo. Userò quindi una sentenza non mia: Siamo di fronte ad una grande storia d'amore; egli ama i tasti, e i tasti amano lui. Non ho ancora trovato un grappolo di parole che lo dipingano meglio.

Fiori di (noce)pesco

Ogni primavera tento di resistere, con fallace esito, al primo grande amore del fotoamatore: i fiori. Questi giorni non fanno eccezione.
Il fiore di pesco è, di gran lunga, il mio preferito; il giardino di casa ospita un nocepesco (Prunus Persica Laevis), delizia per gli occhi in primavera e per il palato in estate. Ho ripulito dalla polvere un'ottica base come il Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS, comprato con il corpo macchina, usato un paio di mesi e poi quasi sempre dimenticato; il tutto, in attesa di un paio di ottiche fisse per la macrofotografia e per il ritratto. Per il momento, come si dice, bisogna arrangiarsi.
Karma comanda che il migliore degli scatti sia uscito invece da un obiettivo tele. Lo stacco di colore è ricercato; ho lasciato spalancato il portone di una baracca retrostante il pesco, e il buio interno e la distanza tra i piani ha generato lo sfocato nero. Solo mi dispiace per la messa a fuoco, troppo limitata al cantone.
Ho reso più giocosa la scena saturando leggermente i colori e aumentando di poco il contrasto durante tutti gli scatti. Ancora, nessun post-processing.


Canon EOS 450D con Canon EF-S 55-250mm f/4-5.6 IS @220mm; 1/500 sec, f/8.0; ISO 200.


Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @55mm; 1/500 sec, f/8.0; ISO 200.


Canon EOS 450D con Canon EF-S 18-55mm f/3.5-5.6 IS @55mm; 1/500 sec, f/8.0; ISO 200.