La falsa innocenza dei bambini

La semplicità dei bambini suscita spesso vene poetiche nelle persone sensibili al loro mondo, dove con vena poetica si intende quel letto ascendente lungo il quale le parole, prima sopite nelle profondità dello stomaco, si risvegliano e cominciano la spontanea e naturale risalita verso la bocca, ed ecco che senza saperlo e senza volerlo c'é chi si vede costretto a pronunciare frasi come la seguente, I bambini sono l'incarnazione dell'innocenza. Ora, sulle motivazioni per le quali l'immagine di un bimbo scatena, all'interno del nostro cervello, l'esatta titanica quantità di sinapsi il cui risultato finale è il concetto di innocenza, non é dato discutere in questa sede. Ci si vuole soffermare sulla possibilità che l'associazione appena descritta, così spontanea e conosciuta, possa essere non corretta.
La teoria della reminiscenza platonica, secondo cui non esiste conoscenza nella concezione comune del termine, bensì solamente come ricordo, suppone l'esistenza dei concetti a priori, se vogliamo operare una sintesi rapida e irrispettosa dei volumi che ad essa sono stati dedicati. Possiamo condividere questa teoria, o meno, il secondo caso é il più comune, ma volendo assecondare per un attimo questo innatismo, è facile concludere che una della prime idee che trovano facilmente strada nella testa dei bambini è la parolaccia, la bestemmia, la parola che non va pronunciata, e questo succede quando ancora il bambino non è in grado di discernere l'aura di repulsione che la ammanta, dipinta dai genitori. Non si accettano quindi obiezioni che facciano leva sull'eventuale intenzione di combinare dispetti ad essi, da parte del piccolo.
Il parentame passa lunghi mesi davanti all'espressione stupita e ingenua del figlio, cercando disperatamente di inculcare nelle sua testa vergine qualche parola, mamma, papà, nonno, paroline che infine entrano, piegate dai mesi di sforzi. Poi un giorno qualcuno, in qualche luogo, si lascia sfuggire, senza intenzione, una parola proibita, e zac!, 
 

 
é un momento, un amore a prima vista, il bambino capisce che ha appena imparato una dei concetti più importanti della propria vita, un gruppo di lettere che sarà uno dei più nominati lungo il corso della sua esistenza, e lo ripete, gustandolo in bocca, lettera dopo lettera, sordo alle preghiere disperate di chi gliel'ha involontariamente insegnata, ormai perso nei nuovi universi che gli sono stati spalancati. Chi scrive ha iniziato a bestemmiare all'età di quattro anni, quando il suo vocabolario consisteva di una dozzina di parole, e lo ha ostentato con orgoglio fino a quella che é chiamata età della ragione, in cui si comincia a discernere il significato delle proprie affermazioni, l'età, quindi, in cui il bambino perde la presunta innocenza.

Non si sostiene che l'innocenza dei bambini non esista, chi legge, indignato, porterà migliaia di controesempi che urleranno scomposti la tesi opposta. Chi scrive  ha voluto solo sventolare un fazzoletto di colore diverso, non si dica che non sia una buona abitudine.

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