Idealismo vs. Realismo

«[...] Il martedì, X, tornando a casa per un sentiero deserto, perde nove monete di rame. Il giovedì, Y trova sul sentiero quattro monete, un poco arrugginite per la pioggia del mercoledì. Il venerdì, Z scopre tre monete sullo stesso sentiero e lo stesso venerdì, di mattina, X ne ritrova due sulla soglia di casa sua. Da questa storia l'eresiarca pretendeva dedurre la realtà - cioè la continuità - delle nove monete recuperate.
E' assurdo (affermava) immaginare che quattro delle monete non siano esistite dal martedì al giovedì, tre dal martedì al venerdì pomeriggio, e due dal martedì al venerdì mattina. E' logico pensare che esse siano esistite - anche se in un certo modo segreto, di comprensione vietata agli uomini - in tutti i momenti di questi tre periodi.
Il linguaggio di Tlön si prestava male alla formulazione di questo paradosso; i più non lo compresero. I difensori del senso comune si limitarono, al principio, a negare la veracità della storia. Ripeterono che si trattava di un inganno verbale, fondato sull'impiego temerario di due voci neologiche, non consacrate dall'uso ed estranee ad ogni pensare severo: i verbi trovare e perdere, che comportavano, qui, una petizione di principio, poiché supponevano l'identità delle prime nove monete e delle seconde. Rammentarono che ogni sostantivo (uomo, moneta, giovedì, mercoledì, pioggia) non ha che un valore metaforico. Denunciarono la perfida circostanza di quell'"un poco arrugginite per la pioggia del mercoledì", che presuppone ciò che si tratta di dimostrare: la persistenza delle quattro monete tra il martedì e il giovedì. Osservarono che altro è uguaglianza, altro identità; e prospettarono, in guisa di reductio ad absurdum, il caso ipotetico di nove uomini che in nove notti successive provano un vivo dolore. Non sarebbe assurdo - chiesero - pretendere che questo dolore sia lo stesso? Aggiunsero che l'eresiarca era stato mosso unicamente dal proposito blasfemo di attribuire la divina categoria dell'essere ad alcune semplici monete; e rilevarono che colui a volte negava la pluralità, altre no. Se l'uguaglianza comporta identità - argomentarono - bisognerebbe anche ammettere che le nove monete sono una moneta sola.


Incredibilmente, questi argomenti non riuscirono a una confutazione definitiva. A cento anni dall'enunciazione del problema, un pensatore non meno brillante dell'eresiarca, ma di tradizione ortodossa, formulò un'ipotesi molto audace. Secondo questa felice congettura, v'è un solo soggetto: questo soggetto indivisibile è ciascuno degli esseri dell'universo, i quali sono organi e maschere della divinità. X è Y ed è Z. Z scopre tre monete perché ricorda che X le ha perdute; X ne trova due sulla soglia perché ricorda che le altre sono state recuperate... [...]»

Da Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, in Finzioni (1944), J. L. Borges.

1 commenti:

Unknown ha detto...

Leggi cose strane...