Divertimento sull'Eterno Ritorno

Torno un'ultima volta gli argomenti toccati in questo post e in quest'altro
Chi conosce Nietzsche avrà riconosciuto qualche stralcio della dottrina dell'Eterno Ritorno. Tralascio le oscure parole scolpite ne La Gaia Scienza e Così Parlò Zarathustra, e riporto quelle chiare e matematiche presenti nei Frammenti Postumi: "il numero delle posizioni, dei mutamenti, delle combinazioni e degli sviluppi di questa forza [il cosmo, ndAle] è certamente immane e in sostanza “non misurabile”; ma in ogni caso è anche determinato e non infinito. È vero che il tempo nel quale il cosmo esercita la sua forza è infinito [...]. Conseguentemente, lo sviluppo momentaneo deve essere una ripetizione, e così quello che lo ha generato e quello che da esso nasce, e così via: in avanti e all’indietro! Tutto è esistito innumerevoli volte, in quanto la condizione complessiva di tutte le forze ritorna sempre."
Curiosamente, Borges confuta questa visione, che fu vedica (Saṃsāra) e platonica, prima che nietzschiana. Ne La Dottrina dei Cicli (da La Storia dell'Eternità, 1935), chiamando in causa Cantor, suppone che lo spazio sia infinito, come il tempo; in un metro ci sono tanti punti quanto in tutto l'Universo; cade l'ipotesi di finitezza, cede l'Eterno Ritorno (ci saranno infinite combinazioni; le ripetizioni sono ridotte a probabilità quasi nulle).


 L'argomento non mi convince del tutto; mi ricorda Zenone e i suoi paradossi spaziali. Mi convince, invece, il trucco per rompere la ciclicità, per slegare l'Uroboro: estendere l'infinito al di fuori del tempo. Una prima soluzione, acerba: nell'istante x, penso al numero naturale n. Nel ciclo successivo, all'istante x, penso ad n+1. I numeri naturali sono infiniti; ho dunque infiniti cicli: non ne ripeterò mai alcuno. 
L'argomento cade, perché la finitezza rispunta vivace: la mia vita, in un ciclo, è finita: dopo incommensurabili cicli, n è talmente grande che esaurisco la mia vita pensando ad esso; n+1 non può essere pensato, perché pensarlo richiede più del tempo concessomi. La soluzione è molto meno intricata. Suppongo che in uno qualsiasi dei cicli del tempo venga scoperta la ricetta per mantenere vivo un corpo ed una mente per un periodo lungo a piacere (supporre l'Eterno Ritorno concede di immaginarlo); in questo ciclo, e in tutti quelli simili, posso pensare numeri finiti e incommensurabili; la confutazione cade nuovamente. 
Ultimo passo: semplifichiamo ancora. In alcuni dei cicli, posso decidere la data della mia morte, per quanto appena detto; in molti di essi, non decido mai di morire, ma muoio per altre cause esterne; in uno, non decido mai di morire, e nessuna causa esterna mi uccide. Sono immortale e accompagno il tempo nella sua infinitezza: il ciclo è infinito perché vi appartengo. Il ciclo successivo non arriverà mai.


Nota. Non ho né le competenze, né la capacità per discutere di filosofia a livelli soddisfacenti. Oltretutto, mi stanco presto; si potrebbe obiettare in molti modi alle mie conclusioni (infinità dello spazio, Cantor e i diversi livelli di infinito, cicli periodici vissuti più volte dall'essere immortale...). Leggete queste righe per quello che sono: un mero divertimento. Non escludo che in futurò continuerò a lambiccarmi le cervella.

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