Cydonian Rocks #4

Behemoth
Evangelion (2009)
Black/Death Metal
Polonia
Regain Records

Incursioni nel metallo estremo per il nuovo ciclo di recensioni. Il Behemoth, nella Bibbia, è descritta come la più possente delle bestie create da Dio. Un ippopotamo troppo cresciuto, in sostanza. Al giorno d'oggi, invece, i Behemoth sono una delle colonne portanti del metallo estremo polacco. Sarà un caso, che le formazioni più brutali nascano nei paesi tradizionalmente cattolici (Behemoth/Vader in Polonia, Moonspell in Portogallo, Krisiun in Brasile)? Evangelion, infatti, è di una violenza e di una tecnica a dir poco morbose: se Hitler lo avesse ascoltato, probabilmente avrebbe rinunciato ad invadere la Polonia e si sarebbe ritirato a fare il fioraio. Non c'è una batteria: c'è un carro armato che vuole piallarti la casa. Non ci sono chitarre: ci sono due mitragliatrici diaboliche. Non c'è un cantante: c'è un demone degli abissi affamato della tua carne. Pochi riescono ad unire Black e Death al pari dei Behemoth: li ascolti e ti ritrovi addosso una sensazione di sporco. Al momento, la migliore alternativa al fascino piagoso dei Nile e delle loro catacombe egizie: malvagi e purulenti.

Qui il video di Ov Fire And The Void: sconsigliata la visione ai deboli di cuore e ai cristiani, è blasfemo come poche cose al mondo (e loro son brutti come il peccato). E' su vimeo: youtube lo ha censurato dopo poche ore.


Asphyx
Death... The Brutal Way (2009)
Death Metal
Olanda
Century Media

C'era una volta il Death Metal: violento, aggressivo e ignorante. Quel metal estremo che, nei magri anni Novanta, rappresentava una sicurezza. Poi sono cambiati i tempi, i generi si sono evoluti, e fior fior di musicisti freschi di conservatorio hanno portato tonnellate di tecnica anche nei generi più violenti. Risultato? Gruppi stratosferici come Nile o Necrophagist (un nome, una promessa). Ma anche migliaia di band fredde e inutili. Gli Asphyx sono qua a ricordarci i bei tempi, e lo fanno sfornando un discone degno dell'epoca d'oro del Death. A mostrare che non servono tecnicismi e velocità sovrumane per far male agli ascoltatori: una dichiarazione d'intenti, tra l'altro, contenuta anche nel nome dell'album stesso. Ecco dunque che la storica band olandese ripropone riffoni con motoseghe (più che chitarre) che sanno di venti anni fa, accelerazioni improvvise e rallentamenti ancora più repentini: quelle incursioni nel Doom che li hanno resi a suo tempo famosi nell'ambito, e che tanto piacevano allora. Sempreverdi e nostalgici.

Persefone
Shin-Ken (2009)
Progressive / Death Metal
Andorra
Soundholic

Bellissimo. Non c'è altro modo per descriverlo. Un capolavoro, il nuovo album dei Persefone, band di culto che proviene dal più improbabile degli Stati europei (Andorra). Un capolavoro di tecnica e ispirazione: immaginate che un mostro gigantesco divori Opeth, Trivium, Mastodon e i Meshuggah meno tecnici, ecco, quello che sputerebbe si avvicina molto ai Persefone e al loro ultimo album. Capolavoro però rovinosamente crepato dalla prestazione vocale del cantante (cantanti); growling e screaming nel migliore dei casi sono inconcludenti, e nel peggiore scadenti. Si migliora leggermente con le vocals pulite, che sono ben impostate e ben piazzate all'interno dell'intera opera. Peccato, perché veramente c'è tutto ciò che ci si aspetta dal Death / Prog: cambi di velocità improvvisi, tempi dispari, strumenti strumentini folk (giapponesi, in particolare, in linea con il concept dell'album) e compagnia bella. Sugli scudi l'ottimo tastierista, molto atmosferico, che aggiunge quel pizzico di sale in più che non guasta mai. Quasi perfetti.

Divine Heresy
Bringer of Plagues (2009)
Death/Thrash Metal
USA
Century Media/ Roadrunner Records

Dopo aver fatto la storia del metal moderno con Demanufacture (che dopo 14 anni suona ancora come nuovo), ai tempi in cui ancora militava nei Fear Factory, Dino Cazares si è divertito con molti progetti alternativi per passare il tempo: Asesino e Brujeria sopra tutti, con il loro death metal/grindcore in spagnolo allegramente satanico, comunista e deviato. L'ultima creatura del nostro omone sono i Divine Heresy, già sentiti nel 2007 con un buono debutto e ora riconfermati con Bringer of Plagues, che presentano un ritorno a sonorità death/thrash infarcite di metalcore. Si commette lo sbaglio di inserire il disco nel lettore, e si è fottuti. L'apparato uditivo salta per aria, stritolato da una sezione ritmica chirurgicamente precisa, di quelle che devi puntellare la casa se no vien giù tutto, da un guitarwork sublime, tecnicissimo e tagliente, e da un cantante che non sarà indimenticabile, ma almeno sa il fatto suo. Riesce a farsi sentire nel caos (ordinato) dell'album con una voce più che rude, ma sorprende e ci lascia un attimo di sollievo in più di un ritornello melodico, interpretati in clean. Il primo album dell'anno che, a fine ascolto, mi ha lasciato il mal di testa. Macellai.

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