Luce sui secoli bui di Portogruaro

Preferisco di gran lunga la fisicità di un libro di carta rispetto all'impalpabilità eterea di un documento virtuale; e sempre la preferirò. Ma ammetto che il mondo digitale sfoggia titanici punti di forza. Google Books, ad esempio, è una manna dal cielo; sono riuscito a scovare qualche perla rara che non ero mai riuscito a trovare nei miei pellegrinaggi attraverso il Veneto Orientale, virtuale o fisico.

Tra le tante questioni spinose dettate dalla mia curiosità, figura l'appartenenza storica della zona di Portogruaro e Concordia ad una o ad un'altra bandiera. Il Veneto Orientale è sempre stato terra di confine, divisa tra l'aquila friulana e il leone marciano; la risposta non è immediata, nè semplice. Entrambe le potenze erano allettate dal feudo; il Lemene era navigabile fino a Portovecchio, ed era una delle vie più facili per la penetrazione delle merci germaniche nell'Adriatico e viceversa.
Per i faciloni, Wikipedia fa una confusione tremenda. Su molti libri di storia locale, l'argomento è evitato o accennato di sfuggita, almeno per quanto riguarda i secoli che vanno dalla fondazione all'annessione alla Repubblica di Venezia. Ho trovato le risposte mancanti in un libello del 1839, scritto dallo storico Antonio Zambaldi, intitolato Monumenti storici di Concordia, già colonia romana nella regione veneta. Serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro.
La fondazione di Portogruaro risale al 10 gennaio 1140; il vescovo Gervino concede i terreni a nord di Concordia e a sud di Portovecchio ai primi portolani. Il villaggio cresce, diventa prima paese e poi cittadina. E' comune indipendente per lungo tempo, di fazione ghibellina, come testimoniano ancora adesso le merlature della loggia comunale, edificato nel 1265 (mangiabambini già a questo tempo). Le influenze della Repubblica di Venezia ad Occidente e del Patriarcato di Aquileia ad Oriente sono tuttavia crescenti. Concordia, nonostante lo stato di completo abbandono, conserva ancora la sede vescovile (nonostante il vescovo sia bellamente stanziato a Portogruaro) e quindi il potere temporale (nominale) sui feudi della zona. Negli anni a venire, sia il Patriarcato che la Repubblica hanno modo di allungare le mani sulla vita politica, sociale e religiosa dello staterello-cuscinetto, avendo però cura di non farlo ufficialmente, bensì alla maniera delle patate: Zambaldi sfodera elenchi di investiture, edificazioni di ospedali o conventi, posizionamento della persona giusta al momento giusto, in una turbinosa e divertente danza diplomatica. Qualche esempio: nel 1300 il vescovo di Concordia consegna il potere nelle mani di famiglie nobili "sole capaci di esso governo; benché con alquanta limitata autorità, da che vennero questi abitanti sotto la protezioni dei Patriarchi d'Aquileja, mentre quelli da prima aveano ogni Autorità [...]"; nel 1323, tra le cartacce del comune figura "una ducale riguardante un certo Nicolò Mucio cittadino veneto"; e via alla profusione di sleccate diplomatiche tra la Repubblica e il comune.

E' interessante notare che comunque Portogruaro mantenne sempre una viva autonomia riconosciuta, in barba ai semplicioni che sostengono la sempiterna appartenenza di Portogruaro al Friuli. Nel 1334, il Podestà di Treviso riconosce l'indipendenza dal Patriarcato in una lettera al conservatore della Chiesa di Concordia (la Signoria di Treviso, ostile al Patriarcato, mette in atto in questo periodo pesanti politiche di rappresaglia economica verso i friulani):

...Qua propter concedimus quibuslibet mercatoribus et aliis personis Episcopatus praedicti, infamia non suspectis, posse libere et impune cum personis mercationibus et rebus suis, aliquibus repressaleis non obstantibus, accedere ad civitatem Tervisii et districtum, et ibidem stare ad sui libitum et redire.

Il testo fornisce solo la versione in latino. La mia traduzione è figlia del rispolvero del latino scolastico, quindi abbiatene pietà; quel repressaleis dovrebbe essere un'inflessione medioevale, o un refuso.

...Quindi concediamo a qualsiasi mercante o altro individuo del vescovado di cui sopra (Concordia, ndA), a patto che non sia un malvivente, di poter accedere impunemente e liberamente alla città di Treviso e al suo distretto, con gente, mercanzie e suoi averi, senza subire alcuna limitazione, e di rimanervi e partire a propria discrezione.

Questa autonomia, comunque, durerà ancora poco, viste le frequenti incursioni nel feudo da parte di milizie e la politica molto mobile del tempo. La stabilità verrà raggiunta nel 1420 con la domanda di annessione alla Repubblica di  Venezia, nello stesso anno in cui questa si apprestava a sottomettere l'intero Friuli. Da qui la storia è nota; la città manterrà ancora gran parte dell'autonomia che la contraddistingueva, e altri benefici; uno su tutti, il monopolio del ferro di tutta la Repubblica.

Lo Zambaldi si è rivelato una miniera di informazioni, e questo solo alla prima lettura. Non vedo l'ora di leggere il testo nel dettaglio e fonderlo in altri post.

Fonti
Monumenti storici di Concordia, già colonia romana nella regione veneta.
Serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro, 1839.

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