Consiglio a tutti la lettura de La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene, il primo ricettario/saggio sulla cucina italiana, redatto sul finire del diciannovesimo secolo dal gastronomo Pellegrino Artusi. In primo luogo, perché è interessante scoprire come la cucina italiana sia evoluta nell'arco di cent'anni e ancor di più; vi si trovano ricette usate ancora, e altre cadute in disuso, ma che sarebbe interessante riscoprire. In secondo luogo, per lo stile brillante dell'autore, spigliato, ironico e divertente, caratteristica più unica che rara in un ricettario.
La folaga, oltre ad essere uno degli uccelli acquatici più belli ed eleganti (e paurosi: non sono mai riuscito a scattare una foto migliore di quella, mediocre, proposta in questa sede), è anche un piatto forte della cucina veneta povera; in particolare, del Veneto Orientale, che di acque è generoso, palustri, lacustri, marine o fluviali che siano. La carne nera, di cacciagione, è difficile da trattare in cucina; la folaga non fa eccezione, ma le mani giuste la rendono una prelibatezza.
L'opinione dell'Artusi mi incuriosiva, e mi ha stupito per un paio di ragioni. La prima è la scarsa considerazione che egli concede alla carne di folaga; la seconda è riassunta nella frase in grassetto. Non ho trovato, in famiglia e in rete, alcun altro riferimento all'usanza. Divertente!
La folaga, oltre ad essere uno degli uccelli acquatici più belli ed eleganti (e paurosi: non sono mai riuscito a scattare una foto migliore di quella, mediocre, proposta in questa sede), è anche un piatto forte della cucina veneta povera; in particolare, del Veneto Orientale, che di acque è generoso, palustri, lacustri, marine o fluviali che siano. La carne nera, di cacciagione, è difficile da trattare in cucina; la folaga non fa eccezione, ma le mani giuste la rendono una prelibatezza.
L'opinione dell'Artusi mi incuriosiva, e mi ha stupito per un paio di ragioni. La prima è la scarsa considerazione che egli concede alla carne di folaga; la seconda è riassunta nella frase in grassetto. Non ho trovato, in famiglia e in rete, alcun altro riferimento all'usanza. Divertente!
"La folaga (Fulica Atra) si potrebbe chiamare uccello pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne' giorni magri senza infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell'Europa e dell'Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante acquatiche, d'insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita quella con barchetti, chiamata la tela, nelle vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori Lisci, che ha luogo diverse volte nell'autunno inoltrato e nell'inverno. Nella caccia del novembre 1903, alla quale presero parte con cento barche cacciatori di ogni parte d'Italia, furono abbattute circa seimila folaghe; così riferirono i giornali.
La carne della folaga è nera e di poco sapore, e pel selvatico che contiene bisogna, in cucina, trattarla così:
Prendiamo, ad esempio (come ho fatto io), quattro folaghe e, dopo averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la gran caluggine che hanno, vuotatele e lavatele bene. Dopo trapassatele per la lunghezza del corpo con uno spiedo infuocato, poi tagliatele in quattro parti gettando via la testa, le zampe e le punte delle ali; indi tenetele in infusione nell'aceto per un'ora e dopo lavatele diverse volte nell'acqua fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le cipolle, che sono grosse e muscolose come quelle della gallina, dopo averle vuotate, lavate e tagliate in quattro pezzi, le ho messe pure nell'infusione.
Ora, fate un battuto, tritato fine, con una grossa cipolla e tutti gli odori in proporzione, cioè sedano, carota e prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo le folaghe e i ventrigli condendole con sale, pepe e odore di spezie. Quando saranno asciutte bagnatele con sugo di pomodoro o conserva sciolta in acqua abbondante per cuocerle e perché vi resti molto intinto. Cotte che sieno, passate il sugo e in questo unite un petto e mezzo di folaga tritato fine e altri grammi 40 di burro, per condire con esso e con parmigiano tre uova di pappardelle o grammi 500 di strisce che, pel loro gusto particolare, saranno lodate. Le folaghe, con alquanto del loro intinto, servitele dopo come piatto di companatico che non saranno da disprezzarsi. Tutta questa roba credo potrà bastare per cinque o sei persone.
Ho inteso dire che si ottiene anche un discreto brodo cuocendole a lesso con due salsicce in corpo."
da La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene. Pellegrino Artusi, 1891.
2 commenti:
Ora non resta che provare! ^_^
Poverine! :)
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