Forte di un ritardo che ormai non tento più di risparmiare ai pochi lettori del blog, ho decantato con molta calma le impressioni sul concerto di Cristiano De André, sabato 14 novembre, Jesolo, Palazzo del Turismo.
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Escono i musicisti, salutano gli strumenti, e attendono l'avvento di un De Andrè. E non si capisce se colui che esce é Cristiano o é suo padre, sembra appena uscito dal concerto di Genova del 1998, quello volgarmente registrato e venduto, gli stessi vestiti semplici, gli stessi movimenti. La luce quasi inesistente certo aiuta a confondere le idee, e sempre maggiori dubbi vengono alimentati quando la figura si siede e appoggia il piede sinistro sul ginocchio destro, alla Fabrizio, come se non avesse fatto nient'altro per tutta la vita. Segue uno sprazzo di certezza, Non può essere Faber, ha imbracciato un bouzouki, e quello lui non lo suonava, casomai c'era Mauro Pagani, o Cristiano, per l'appunto. Ecco, risolto l'arcano. E poi succede che l'ormai assodato Cristiano attacca con Mégu megún e con 'Â çímma, e il genovese che ne esce é modellato da una voce che lascia ben pochi dubbi all'ascoltatore, Miseria, Faber é tornato. Finiscono le canzoni, le luci si alzano, e Cristiano ringrazia, e saluta, e la voce, il viso, la spalla sinistra che si alza mentre parla, tutto é preso dal padre.
Il concerto prosegue, col tempo lo stupore iniziale scema e ci si abitua a quanto si ha davanti, questa é una banalità che non ha confini, ma serve a chi scrive per tagliare corto in un post che si sta già allungando troppo, quindi non facciamo i difficili e proseguiamo con piglio più oggettivo. Cristiano ha riarrangiato una selezione molto accurata nella già di suo accurata discografia del padre. Poco spazio ai classici, molto a perle quasi dimenticate, ecco che per la prima volta dal vivo chi scrive sente Ho visto Nina volare, Don Raffaè, Se ti tagliassero a pezzetti, Smisurata preghiera. Percorso molto personale per il figlio, che non tralascia Cose che dimentico, unica perla scritta a quattro mani col padre, Oceano, scritta da De Gregori e Faber ed a lui dedicata, e Verranno a chiederti del nostro amore, canto d'amore del padre per la madre Puni.
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Sprecherò alcune righe per tessere pure le lodi degli arrangiamenti, che svecchiano, se mai De André potrà suonare non attuale, stendendo un leggero velo rock su tutto il concerto, appesantito solo verso la chiusura su Quello che non ho e Fiume Sand Creek.
Due ore di concerto, poco più, per spazzare qualsiasi altro tributo a Faber. Il cantautore genovese, nonostante i timori di banalizzazione, che penso di aver condiviso con molti, vive una seconda volta nel figlio, nei movimenti, nella voce, nella presenza.
Non invidio Dori Ghezzi.
2 commenti:
Ma è meglio Cristiano De Andre che "cita" il padre o Jason Bonham che "emula" John Bonham?
Mi incuriosisce vedere i figli seguire le orme dei padri, a volte sono scettico, a volte meno, infondo hanno scelto di vivere all'ombra di qualcuno.
Cristiano de André non "cita" il padre. Fa di più, è difficile da spiegare se non si sente il concerto. Comunque é vero che avere l'ombra di Faber su di sé è un bel peso, ma Ci ha anche una felice carriera solista, tra un pò esce il suo nuovo disco. Il tour celebrativo lo sta facendo da solo due anni.
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