Metallicità

Tiriamo le somme sui primi sei mesi di rock/metal del 2010. Consigli per gli acquisti.

"Now I shall reign in bloooood!"

Thrash. 2010 anno d'oro per il sottogenere. Ironbound degli Overkill, uscito a inizio anno, é una bomba che in pochi si aspettavano da un gruppo quasi finito nel dimenticatoio. Si difendono a spada tratta The Obsidian Conspiracy dei Nevermore, Exhibit B: The Human Condition degli Exodus e gli Annihilator con l'omonimo album. Date in pasto le vostre ossa alle vecchie glorie del thrash, ve le maltratteranno a dovere.
Power. La punta di diamante é Time To Be King dei Masterplan, con un Lande rientrato nei ranghi per una prestazione superba. Non lasciatevi sfuggire i due nuovi album degli Avantasia (The Wicked Symphony e Angel of Babylon): un ottimo ritorno alle sonorità dei primi due dischi. Con un roaster stellare, Lande e Kiske sopra tutti. Ma tutti tutti. Notevole la vena ispiratoria dei Sabaton, peccato per la penosa pronuncia inglese del cantante. Ma l'album, Coat of Arms, merita comunque ben più di un ascolto. E non tralasciate i triestini Rhapsody of Fire, con The Frozen Tears of Angels. Nulla di nuovo, per fortuna: tante orchestrazioni, tanta doppia cassa e tanti coretti e strumentelli medioevali, come è giusto che sia.
Folk. I Mago de Oz giocano la carta di Gaia 3: Atlantia, sperando nel successo dei precedenti episodi. Album piacevole, ma forse sotto tono rispetto agli ultimi. Meglio ascoltarsi Salt dei Wuthering Heights, che stupiscono sempre, con la loro commistione di power, thrash, heavy, prog e folk. E non dimentichiamo i Finntroll, anche se Nifelvind è fortemente intriso di black. Ma i maestri del genere non si discutono.
Black. Non amo il genere, ma alcuni gruppi non si possono trascendere. I Keep of Kalessin rientrano in queste file. L'album, Reptilian, è malato, malvagio, tecnico e pulito. Magari fossero tutti così.
Death. Non ho seguito molto la scena, ma devo citare i Raintime, non solo perché di Pordenone, ma soprattutto per la naturalezza con cui fondono il Death con altri generi più leggeri, Bodom docet. Psychromatic ne impreziosisce alquanto la discografia. E We Are The Void dei Dark Tranquillity, che si comprano sempre a occhi chiusi, non delude.
Prog. La grande delusione, Road Salt One dei Pain of Salvation. Non reperiti. Due palle di album. Evitatelo come la peste. Bello il rientro degli Asia, Omega ne risolleva le sorti, anche se è molto hard-oriented. La vera rivelazione sono gli Shaolin Death Squad con Five Deadly Venoms. Non vi anticipo niente, se siete amanti del prog, procuratevelo ad occhi chiusi.
Heavy. Poco materiale anche qua, ma buono. Strings To A Web dei Rage, che da venti anni e passa non ci tradiscono.  vi manca la voce di Dio (Ronnie James), non lo rimpiangerete con Requiem of Time degli Astral Doors e con i chitarroni potenti dei Dream Evil e del loro In The Night, il nome del gruppo é tutto un programma. In conclusione, non si può non citare la sempreverde, leggendaria Strana Officina, che fa nuovamente capolino nei negozi con Rising To The Call, diretto come un cazzotto in faccia, e i Grand Magus e il loro immortale Heavy/Doom. Hammer of The North trasuda epicità da ogni poro.
Hard/AOR. Primi in assoluto per vena compositiva, immediatezza, pulizia del suono e tutto quello che volete, i Treat di Coup de Grace. Album rock dell'anno, per ora. Imperdibile. Potete provare anche Facemelter degli Y&T, era ora che si rifacessero vivi, sui classici si può fare sempre affidamento. O quasi: Meat Loaf stanca subito, con il suo Hang Cool Teddy Bear. Anche con l'apporto di Steve Vai e Brian May. A tener testa ai Treat ci sono gli H.E.A.T, con Freedom Rock. Non pensavo potessero comporre un album più divertente del precedente, e sono stato puntualmente smentito. Viva la Svezia. Se vi son piaciuti gli H.E.A.T, insistete con gli Auras di New Generation. Viva anche il Brasile. Ultime parole per il canto del cigno degli Scorpions, A Sting In The Tail. Il migliore album degli ultimi vent'anni di Scorpions, e scusate se è poco: degna conclusione per una band leggendaria. 

Ora attendiamo The Final Frontier, il nuovo album degli Iron Maiden. Nel sito ufficiale è scaricabile gratuitamente il primo singolo, Eldorado. L'album uscirà il 16 agosto, e il 17 ci sarà il concerto a Villa Manin: non aggiungo altro.

Duecento lire

Il periodo delle elementari è particolarmente vivo di questi tempi. Continuo a dedicargli qualche riga, finchè il ricordo aleggia, non vedo motivo per non celebrarlo. 
La scuola dista tuttoggi mezzo chilometro da casa. Durante la bella stagione, ci andavo a piedi spesso. Alla mattina camminavo da solo, e mi godevo il silenzo, che grazie alle divinità ancora perdura. Percorrevo invece il ritorno con un amico che abita qualche metro accanto casa. Un giorno, non so chi di noi due trovò una moneta abbandonata a terra; fu un'illuminazione. Per settimane rientrammo da scuola camminando a testa bassa, cercando nuovi tesori. Alla fine i nostri sforzi da predatori furono premiati, e trovammo duecento lire. Il loro scintillio ci ammaliava. Avevo una gioia incontenibile in corpo; arrivai a casa e chiesi a mia madre di cambiarmele in due pezzi da cento. Il giorno dopo, consegnai metà del bottino al complice. Nei miei ricordi, questo è ancora uno dei gesti più sinceri di amicizia; se non é il più alto, almeno sarà stato il primo.
Continuammo per un certo periodo la carriera di raiders, poi un giorno trovammo una siringa usata. Eravamo coscienziosi e smettemmo. Queste righe intrecciano il simbolo di un'epoca.

Equiseti

Ogni mattina osservo, dal treno, ostinati equiseti arrampicarsi lungo la scarpata ferroviaria. Celebravo lo stesso rito molti anni fa, ai tempi dorati delle elementari. Costeggiavo la scuola, guardando a sinistra, a piedi o in bici; gli equiseti, caparbi, si inerpicavano allo stesso modo verso la strada, per non cadere nel fosso che la accompagnava. Mi sono sempre piaciuti, fin da quando la maestra ci spiegò che la stessa volontà li teneva in vita da milioni di anni.


Dopo gli equiseti, il fosso, dove alcuni dei miei amici, dopo la scuola, vanno a rane, Ma non è un posto buono, è meglio se andiamo fino al bacino, là non ci saranno auto a molestarle. Il fosso termina nel boschetto, ed accanto, campi, quasi sempre coltivati a mais; a ridosso dell'estate, quando il granoturco é ancora basso, e la scuola è agli sgoccioli, lo sguardo si perde fino alla strada del conte, e alle sue sparute case. Oltre, dove l'occhio non arriva, ancora campagna, la strada del frassine, il bacino, via acquador, qui cominciamo ad essere lontani, torniamo indietro, i filari di vite, la piazzetta, il pompon, e la strada di sassi di casa mia.

Tutte queste cose sono state, la maggior parte è ancora. Il fosso é stato interrato, gli equiseti si sono spostati lentamente altrove; un buon numero ora cresce dietro casa, incurante della soia. I primi campi accanto alla scuola si sono sacrificati all'edilizia. Mi domando quanto avranno il coraggio di resistere gli altri.

Moleskine

Ho comprato una Moleskine.


Ci scrivo proprio ora. Non ho ambizioni di diventare un novello Hemingway, o ancora meglio, un novello Chatwin. Ma mi tornerà utile, specialmente nei lunghi viaggi in treno, essendo sufficientemente piccola e leggera per i miei scopi. E più economica di un iPad, tra le altre cose. 
Parte di quello che vi scriverò finirà sul blog. Già sento le risate dei più smanettoni, Hai uno smartphone, usa quello. Cosa volete che vi dica, pergamena e penna d'oca riescono ancora ad affascinarmi.

Ravenna

Nel weekend ho visitato nuovamente Ravenna. Causa portante, la mostra dei preraffaeliti, della quale ho già parlato in passato. Per l'occasione, dunque, mi sono fermato una notte per ammirare con calma, ancora una volta, i famosi mosaici. 

Che meritano senza ombra di dubbio l'iscrizione nei registri dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Ma la città in sè è piuttosto deludente, non se la prendano a male i ravennati. In particolare, il fascismo ha fatto scempi, con la sua architettura semplicemente triste, devastando un centro di per sé carino. In conclusione, Ravenna é piena di monumenti bellissimi, ma non è bella in sé. Caratteristica che, scusatemi il campanilismo, hanno Concordia e Portogruaro. Gli importanti scavi romani e paleocristiani della prima, e il delizioso centro medioevale della seconda magari non meriteranno mai confronti con i preziosi mosaici ravennati, ma sono permeati della bellezza antica del tutto, dell'insieme. Una mia personale musica delle sfere, in piccolo, come piace a me.

Dietro casa hanno seminato di nuovo la soia. Invochiamo la clemenza cimicea.

Le considerazioni di cui sopra sono state formulate a quattro mani con colei che ha condiviso con me la trasferta.

Voi non fate lo spelling

Voi non fate lo spelling, voi compitate, cazzo, COMPITATE, è davvero difficile usare il termine italiano, cosa vuol dire fare lo spelling, verbo banale che sorregge un verbo straniero sostantivato, poche cose fanno più schifo, ha pure un suono orripilante, abbiamo una lingua che è un patrimonio, teniamola viva, per dio.

E, no, sillabare non va bene, sillabare è un'altra cosa, C-O-M-P-I-T-A-R-E e SIL-LA-BA-RE, termini diversi, azioni diverse, ci si può arrivare, prendetevi tutto il tempo.

Ekkekkazo, se nn ce lo skrivevo cuà io, nn c arivavi mika tu.

Lui l'ha presa anche troppo bene.

Letture anticristiane

Il titolo é volutamente fuorviante; niente Lavey, Nietzsche o pe(n)sante metallo, e nessuna circoscrizione al cristianesimo.
Ho concluso da poco un tre libri molto distanti tra loro per serietà, struttura e contenuti, ma riconducibili allo stesso filo conduttore: il rapporto tra Dio e l'uomo. Tre letture che consiglio.

Shalom Auslander é uno scrittore americano ateo, di discendenza ebraica. L'ho scoperto qualche anno fa con Il Lamento del Prepuzio, libro-diario che ho letteralmente divorato. Dissacrante, divertente, nichilista: immaginatevi Groucho Marx che se la prende con gli ebrei ortodossi. La curiosità era dunque forte per A Dio spiacendo (Beware of God: Stories), pubblicato il mese scorso da Guanda. Una collezione di racconti deliziosamente blasfemi, una nuova carrellata di risate per seppellire una tradizione, quella ebrea ortodossa, tra le più bigotte. Qualche esempio: un Dio stressato, costretto a tenere aggiornato per l'eternità il conteggio dei morti, che si incazza quando qualcuno sfugge ad un incidente stradale, e scende dal cielo per stenderlo col fucile. O rabbini demiurghi, fabbricatori di golem, che giungeranno a sparire dalla vita dei golem stessi perché troppo stressanti: acuta allegoria del rapporto col divino. Un'irriverenza intelligente che offre vari spunti di riflessione: da leggere a più livelli.

Josè Saramago, il mio romanziere preferito, Nobel per la letteratura nel 1998. Il 21 aprile é uscito Caino (Feltrinelli editore), in cui lo scrittore, ateo anch'esso, affronta nuovamente temi religiosi dopo Il Vangelo secondo Gesù Cristo (O Evangelho segundo Jesus Cristo) datato 1992. Quest'ultimo era una rivisitazione del nuovo testamento, in cui Cristo era dipinto come un uomo "reale", strumento nelle mani di un Dio del quale non riesce a comprendere i piani, e quindi pieno di rabbia, paura e, ciò nonostante, amore. Caino, simmetricamente, rielabora il vecchio testamento; il pastore uccide il fratello come reazione ad un capriccio di un dio imperfetto, suscettibile, limitato nelle scelte e nelle azioni. Come punizione è costretto a vagare, primordiale Ulisse, tra le pagine della Bibbia, e a raccontarne gli episodi più imbarazzanti e contradditori. Un continuo dileggio e litigio con la divinità, affrontato con tagliente ironia, e chiuso da una bellissima invenzione finale. Saramago, a 87 anni suonati, si conferma una delle menti più lucide e fervide del momento.

Dario Fo: altra mente vulcanica. In libreria trovate La bibbia dei villani, edizioni Guanda, arricchito da disegni originali dell'autore stesso. Non si sente parlare spesso di Fo, ma questo non vuol dire che il premio Nobel se ne stia con le mani in mano. L'ultima fatica è il frutto di minuziosi scavi nelle tradizioni popolari di casa nostra, che nel corso dei secoli hanno distorto i racconti biblici riadattandoli a contesti maggiormente, per l'appunto, "villani". Come risultato, Fo reinventa Dio e altri personaggi biblici rendendoli decisamente più umani, più sofferti, e anche più divertenti. I testi sono in commistioni di dialetti nordici, o di dialetti meridionali, o in dialetti arcaici. In più punti fa capolino il grammelot che gli è valso un Nobel ("seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi"). Qui l'incipit del libro.