Vision Divine - 9 Degrees West of The Moon (2009)

Nuovo anno, nuova recensione. E bella lunga anche: ma quando ci vuole, ci vuole. Reduci dalla dipartita di Michele Luppi, i toscani Vision Divine estraggono dal cappello a cilindro un altro fuoriclasse del microfono, Fabio Lione - cantante originario della band e voce dei triestini Rhapsody of Fire, che assieme ai Lacuna Coil sono il gruppo metal italiano che più ha venduto nel mondo -. Ritorno sulle scene di acciaio in grande stile, con un disco nuovo di zecca e carico di pezzi da novanta. Brutta situazione, quella dell'amato singer italiano: costretto a rimpiazzare un mostro di tecnica come Michele Luppi, che con i Vision Divine ha saputo sfornare tre album magnifici, uno dietro l'altro. Ma Lione non è certo da meno. Probabilmente questo sarà il principale dibattito sul nuovo album: quale tra i due cantanti sia il migliore. Ancora una volta, non esiste soluzione. I due singer hanno un approccio estremamente diverso, più grintoso e rockettaro il primo, più impostato ed eclettico il secondo; come al solito, il consiglio è quello di focalizzarsi sull'album in sé, e di lasciare la risoluzione della questione ai propri gusti personali.
La definizione "power metal" ormai sta stretta ai Vision Divine, che power in senso stretto non lo sono mai stati, e che oggi proprio non riescono a farsi piacere un'etichetta precisa. Hard rock, power, progressive, heavy, e perfino thrash, se vogliamo provare a delinearne la proposta - ma alla fine, ce n'è veramente bisogno?


Ma passiamo all'album. Copertina in pieno stile fantasy-power, con il classico angelo che da sempre è simbolo distintivo della band. Apre le danze Letter To My Child Never Born e subito il melodic metal-fan vola a un metro da terra. La song in questione è il pezzo più power-oriented dell'intero lotto e trova un Lione perfettamente a proprio agio nel cantare sopra un classicissimo sweep picking à-la Thorsen, vero e proprio marchio di fabbrica della band. L'ascoltatore sprovveduto potrebbe a questo punto immaginare un ritorno alle sonorità del debut album, ma rimarrebbe subito deluso nell'ascoltare la successiva Violet Loneliness, vera e propria punta di diamante dell'album; addirittura, secondo il sottoscritto, miglior song hard rock-oriented dell'intera produzione discografica del gruppo, con buona pace di Luppi. La canzone si sviluppa attorno ad un ritornello caldo e vellutato - che ricorda da vicino le atmosfere dell'intramontabile Return To Heaven Denied dei Labyrinth - e le chitarre sono addolcite dall'ottimo lavoro delle keyboards di Alessio Lucatti. L'influenza che ha lasciato Luppi è comunque innegabile, come avremo modo di notare anche più avanti. 
Proseguiamo con Fading Shadow, che riporta il sound verso lidi più metallici, e ancora una volta sugli scudi troviamo i fraseggi di chitarra inconfondibili di Thorsen e la prestazione vocale di Lione, che si cimenta in melodie nervose ma ipnotiche. Tre su tre, e qua siamo sopra la media.
Quarta song e prima ballad: Angels in Disguise, atmosfere intense ed epiche per la voce limpida di Lione, che ha gioco facile in una song che non avrebbe sfigurato - magari con qualche decoro barocco in più - in un album dell'altra creatura del cantante, i Rhapsody. Cambio deciso di direzione con The killing speed of time, che sfoggia un riffing strettissimo di chitarra di chiara impostazione Bay Area. Ma ancora una volta, è Lione a stupire reinventandosi screamer per l'occasione. Intendiamoci, non sarà posseduto come un cantante brutal, ma la sua sporca figura la fa: esame da thrashers passato a pieni voti.
A sottolineare l'ecletticità dei Vision Divine, ecco che ancora una volta l'hard rock torna prepotentemente in Streets of Laudomia, ispirata dalle Città Invisibili di Calvino. Alternanza di melodie ariose e passaggi più heavy permettono al pezzo in questione di contendere a Violet Loneliness la palma di miglior canzone del lotto. Non c'è due senza tre, e il quarto vien da sè: ecco dunque che Fly e Out in Open Space si susseguono conquistando definitivamente l'ascoltatore con il solito mix sapiente di proposte musicali. Otto su otto, e si capisce di avere di fronte uno degli album dell'anno. Chiude le danze la title track, dolce e rasserenante ballad che gioca parecchio sulle elaborate keyboards. 
Che altro dire? Nove canzoni, nessuna sbavatura, produzione perfetta del solito Timo Tolkki. Poco da fare, i Vision Divine hanno classe, tecnica e passione. Un ritorno di stile per Lione che riesce a recuperare l'alchimia di sei anni fa come se nulla fosse. Una release curata dall'italiana Frontiers, che non sbaglia un colpo neanche a morire. Cosa volete di più? Correte a comprare l'album, un gruppo del genere ce lo invidia tutto il mondo.

P.S. chiudono l'album una versione demo di Fading Shadow, valida solo per i collezionisti, e la cover del classicone A Touch of Evil dei Judas Priest. Diciamoci la verità, nel contesto dell'album suona un pò come se Van Damme recitasse nell'ultimo film di Muccino, ma è sempre bene ricordarsi di adorare le Divinità (quelle vere). E poi Lione che imita Halford è una chicca da non perdersi.

Tracklist

1. Letter to My Child Never Born
2. Violet Loneliness
3. Fading Shadow
4. Angels in Disguise
5. The Killing Speed of Time
6. The Streets of Laudomia
7. Fly
8. Out in Open Space
9. 9 Degrees West of the Moon
10. A Touch of Evil
11. Fading Shadow (demo version) (bonus track)

Line-up

Fabio Lione - Vocals (Rhapsody of Fire, Labyrinth (Ita), Athena (Ita))
Carlo Andrea Magnani (Olaf Thorsen) - Guitars (Labyrinth (Ita), Eddy Antonini)
Cristiano Bertocchi - Bass (Labyrinth (Ita))
Alessio "Tom" Lucatti - Keyboards (Etherna (Ita), guest in Vexillum (Ita))
Federico Puleri - Guitar (Essence (Ita), Seven Gates (Ita), Guest in Vexillum (Ita))
Alessandro "Bix" Bissa - Drums (Silent Victory, Scream (Ita), Bad Faith)

Visitate il sito della Frontiers per ascoltare qualche sample dell'album.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

namensko varcevanje [url=http://www.vzajemniskladi.info]nlb skladi[/url]