Le visioni più folli

Tutti quaaanti, tutti quaaanti, tutti quanti voglion fare jaaazz...

Dove finisce il jazz e inizia la follia? Stefano Bollani viene a spiegarcelo al Russolo, a Portogruaro, ma non ne sembra sicuro nemmeno lui. E allora, la parola agli strumenti.

Relegato in un cantuccio, ma circondato dai suoi folli Visionari, Bollani incanta con chirurgica follia, e anima uno di quei classici concerti che spingono a suonare la gente che non ha mai suonato, e a smettere quelli che lo fanno da una vita, di fronte a palese irraggiungibilità tecnica e interpretativa. Carnevale di Dunquerque, Sicilia, The Hamburg Boogaloo, pezzi nuovi, improvvisazioni, assoli, battaglie di sassofono tenore e sopranino, contrabbasso e clarinetto, pianoforte e una batteria che dovrebbe essere batteria e che invece diventa percussione generica. Divagazioni tra il demenziale e il demenziale. I Visionari colorano un Russolo in delirio.



Roccamare, o meglio: la suite composta, o improvvisata, attorno a Roccamare, é un fulgido esempio di come Bollani, Guerrini e compagnia interpretino il jazz, se veramente vogliamo ancora definirlo come tale. Un pezzo scritto per una scena erotica di un film di Moretti, Caos Calmo. Uno se lo immagina, Bollani, mentre lo compone. Cinque minuti di sensualità deliziosa: il tempo di dimenticarsi di tutto. E cominciano i trip. Digressioni nel progressive, nel rock (i quattro quarti in chiusura di suite non li ho mai sentiti prima d'ora in un pezzo jazz), nell'avant-garde. Strumenti che si dimenticano dei padroni e si perdono. La più dolce delle apocalissi musicali. (Non mi stupisco che la produzione del film abbia cambiato compositore).

Non potevo dimandare nulla di più al primo concerto dell'anno.

E poi c'è gente che si permette di chiamare Allevi un Maestro.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Mi sento in imbarazzo, mi manca uno strato di cultura tale da poter commentare.

Ma tu lasci sempre commenti sagaci sul mio blog, DEVO scrivere qualcosa!!!

Andrea De Lorenzo ha detto...

"E poi c'è gente che si permette di chiamare Allevi un Maestro."

Concordo. Allevi fa "canzonette", ma fa sentire chi lo ascolta "un intenditore". Uto Ughi docet.