Nazim Hikmet è stato uno dei più grandi esponenti della letteratura turca del secolo scorso, nonostante abbia trascorso gran parte della propria vita girovagando da esule in tutta Europa a causa del forte impegno sociale di molte sue opere. Altrettanto famosa, e non meno degna di nota, è la folta produzione di poesie d'amore, scritte per la donna amata durante la lontananza forzata.
Chi conosce i miei gusti in ambito poetico, sa che apprezzo la poesia ad immagini, parafrasando Borges (che la distingueva da quella intellettuale, come si legge nel prologo de La Cifra), e in modo particolare quegli autori che riescono ad essere fortemente evocativi senza abusare di linguaggi aulici che, dopo poco, altro non fanno che procurarmi il latte alle ginocchia. Un esempio su tutti: Neruda, del quale prima o dopo posterò qualcosa.
Hikmet appartiene a questa (ridotta) schiera, basta citare alcuni dei suoi versi più famosi (Non è un cuore, perdio, è un sandalo di pelle di bufalo, oppure I miei giorni son fette di melone profumato di vita / grazie a te). In questa sede, propongo un componimento scritto a Mosca nel 1961 (non ha titolo, ma molti lo chiamano Ma tu ti sei svegliata, non capisco in base a che principio...), giocato fortemente sulla personificazione degli oggetti di una stanza e sulla simmetria dei relativi comportamenti. Molto dolce, con la dubbia e (a mio avviso) banale eccezione dell'epiteto riservato alla morosetta (mia rosa). Traduzione di Joyce Lussu.
Le sedie dormono in piedi
anche il tavolo
il tappeto sdraiato sul dorso
ha chiuso gli arabeschi
lo specchio dorme
gli occhi delle finestre sono chiusi
il balcone dorme
con le gambe penzolanti nel vuoto
i camini sul tetto dirimpetto dormono
sui marciapiedi dormono le acacie
la nuvola dorme
stringendosi al petto una stella
in casa fuori di casa dorme la luce
ma tu ti sei svegliata
mia rosa
le sedie si sono svegliate
si precipitano da un angolo all’altro anche il tavolo
il tappeto si è messo a sedere
gli arabeschi hanno aperto i petali
lo specchio si è risvegliato come un lago all’aurora
le finestre hanno spalancato
immensi occhi azzurri
il balcone si è risvegliato
ha tirato su dal vuoto le gambe
i camini dirimpetto si son messi a fumare
le acacie han cominciato a chiacchierare
sui marciapiedi
la nuvola si è svegliata
ha lanciato la sua stella nella nostra stanza
in casa fuori di casa la luce si è risvegliata
si è versata sui tuoi capelli
è colata tra le tue palme
ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
Nazim Hikmet, Mosca, 1961
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