Una gatta pazza per le cucurbitacee

Cucumis sativus, detto anche cetriolo. Ortaggio spesso presente nelle diete a causa della quasi totale assenza di calorie. Tuttavia, molto ricco di vitamina C. Cucumis melo, detto anche melone. Buon apporto di carboidrati, ricco di potassio e di vitamine A, B1, B2, C e PP.
Non c'è da stupirsi se la mia gatta ne va ghiotta: per la salute, questo ed altro. Poco importa se mamma natura l'ha fatta carnivora. Ecco le prove.

La mia terra

Nell'aria satura di pioggia primaverile, nell'ozio immobile del sole di Luglio, nella morbida foschia che ammanta il Lemene d'autunno, nel vento luminoso della nuda campagna invernale. In tutto questo riconosco la mia terra; e il termine che ho usato, questo riconosco che suona familiare all'orecchio del lettore, in quanto, se vogliamo, preciso, diretto, in questa sede sarà snaturato, sviscerato, se il lettore mi permetterà una tale violenza. Perché cammino nella sua campagna, ed è come attraversare le stanze di casa: un gesto continuo, terribile nella sua naturalezza. E se respiro a pieni polmoni, annuso la mia infanzia, i vestiti coperti di erba, le corse tra i filari di vite affaticata di grappoli.


La osservo mentre nella sera, bagnata di rosa, riposa sdraiata sul fianco; e nello scorrere placido delle acque verso quel mare che è la loro negazione, nel volo calcolato degli uccelli, io scorgo le movenze, lente e stanche, di una terra antica, graziata dai secoli. Scuote le proprie chiome, infastidita dalla brezza che le solletica, e il suono che ne cola è lo stesso che hanno udito i primi uomini. I suoi occhi sono gli occhi degli anziani, che dai cigli delle strade scorrono le cicatrici che i turisti solcano verso la costa, e non li comprende. E nelle cadenze dialettali della sua gente, così diverse e così vivide, si alza la sua voce colorata.
E mentre seguito nel contemplarla, mi accorgo che questa terra è bella, ma di una bellezza nascosta, timida, che la ammanta nella sua integrità, dalla natura intoccabile di Valle Vecchia, ai docili mulini del primo Lemene. Una bellezza che ha incantato persino Hemingway, che ha tentato, senza permesso, e senza successo, di cantarla al mondo.

Mai, come in questi momenti, comprendo a fondo l'epitaffio di Lovecraft (I am Providence). Io non amo questa terra: io sono la terra che mi ha generato. E un ramo avvizzisce, se spiccato dal tronco e abbandonato a se stesso.

Felino & Felina

Ieri ho colto i miei gatti nella millenaria fatica felina di non far nulla. Ringraziando il cielo, con la reflex in mano. Come si fa a non apprezzare la nobiltà senza tempo delle movenze di un gatto? Mi sovvengono alla memoria queste eloquenti parole di Howard Phillips Lovecraft.

Si dice che a Ulthar, oltre il fiume Skai, non si possono uccidere i gatti, e mentre guardo la bestiola accoccolata a far le fusa davanti al caminetto, non ho nessun motivo per dubitarne. Enigmatico, il gatto è affine a quelle strane cose che l'uomo non può vedere. È lo spirito dell'antico Egitto, depositario dei racconti a noi giunti dalle città dimenticate delle terre di Meroe e Ophir. È parente dei signori della giungla, erede dell'Africa oscura e feroce. La Sfinge è sua cugina, e lui parla la sua lingua; ma il gatto è più vecchio della Sfinge, e ricorda ciò che lei ha dimenticato.

Gli schiaffi di Neruda

Avevo promesso Neruda; e Neruda sia. Non penso proprio che un personaggio di tal levatura e fama abbia bisogno delle mie presentazioni; ricordiamo, giusto per scrupolo, che egli è stato una delle più importanti figure letterarie cilene (paese, il Cile, che ha dato i natali a tanti altri giganti, quali Gabriela Mistral, Luis Sepulveda e Isabel Allende, tanto per citare i più famosi) e che è stato insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1971.

Lo stile di Neruda è talmente vivido da sollevarsi dalla carta, talmente diretto da risultare violento e sanguigno, sia che egli stia cantando la propria amata (leggetevi Corpo di Donna, si trova facilmente in rete), sia che stia affrontando tematiche propriamente più crude ([la morte] lecca la terra cercando i morti è tuttora l'immagine poetica che più mi sconvolge. Estratto da Solo la morte). E' innegabile, comunque, che il mio amore per Neruda sia stato alimentato dalla traduzione a cui ho sempre fatto riferimento, opera di quel gigante italiano che risponde al nome di Salvatore Quasimodo. Devo assolutamente sbrigarmi ad imparare lo spagnolo, di modo da apprezzare Neruda (e Borges) in lingua originale.

...E in minima parte, anche per cantare le canzoni dei Tierra Santa senza storpiarle. Quiero volver a escuchar el canto de vientooo, quiero poder respirar su aroma una vez máaas... Ops, scusate la digressione.

Torniamo a bomba. I versi che propongo in questa sede sono l'incipit di una celeberrima ode che Neruda ha scritto in memoria di Federico Garcia Lorca (nella foto). Per i non addetti ai lavori, quest'ultimo era un poeta e drammaturgo spagnolo, uno dei più fervidi intellettuali di inizio novecento, assassinato per le proprie idee politiche (e presumibilmente, anche per le proprie inclinazioni sessuali) durante la guerra civile spagnola, più precisamente nel 1936. Le pennellate che Neruda gli dedica sono dolci e e graffianti allo stesso tempo; assaporatene ogni singola immagine. Consigliata, ovviamente, la lettura integrale a tutti gli interessati, qui sotto non riporto il componimento intero perché è piuttosto importante come dimensioni. Traduzione di Salvatore Quasimodo.

Se potessi piangere di paura in una casa solitaria,
se potessi cavarmi gli occhi e divorarli,
lo farei per la tua voce d'arancio in lutto
e per la tua poesia che esce come un grido.


Perché dipingono per te di azzurro gli ospedali
e crescono le scuole e i rioni del porto,
e si popolano di piume gli angeli feriti,
e i pesci nuziali si coprono di squame,
e volano verso il cielo i ricci del mare:
per te le sartorie con le nere membrane
si riempiono di cucchiai e di sangue,
e ingoiano i nastri rotti, e si uccidono di baci,
e si vestono di bianco.

Quando voli vestito di pesco,
quando ridi con risa di riso preso d'uragano,
quando per cantare scuoti le arterie e i denti,
la gola e le dita,
vorrei morire tanto dolce tu sei. [...]

Pablo Neruda, Ode per Federico Garcia Lorca, 1-18.

La prossima volta proporrò altri versi, in cui emergerà un Neruda più socialmente impegnato, ma non per questo meno saturo di immagini.

La patata tira

Nulla di nuovo sotto il sole, eh. Ma dopo una settimana di raccolta di statistiche (Google Analytics, ancora una volta, è insostituibile) posso proprio dire di avere in mano le prove sperimentali. In realtà tali evidenze, se mi scusate l'inglesismo che mi permette di evitare una noiosa, per me e per voi, ripetizione, le abbiamo sotto gli occhi ogni santo giorno. Pensiamo alle copertine di Focus, Panorama, o a Studio Aperto. Ma voglio aggiungere le mie, che con grande dispiacere degli arrapati perenni, non contemplano nudità.
Il post riguardante la pornostar Cora (il cui titolo, molto eloquente, era ben pensato per attrarre nugoli di porcelloni) è diventato in breve la pagina più visitata del mese (rispetto alle altre del mio blog, ovviamente). Distribuiti su tutto il suolo italiano: siamo porcellosi dappertutto. Tra le opzioni di ricerca che hanno portato al mio blog, le più disparate combinazioni: sexy cora, pornostar fallisce record, tanto per citarne alcuni. Qualcuno ha pure cercato fiammetta porno (! ne gira, di gente strana). Anche il titolo di questo post è volutamente ambiguo, ho come l'impressione che pure questo verrà cliccato con una certa frequenza... Vedremo.
La stessa YayettA (che ora figura anche tra i miei amici, qua a fianco), ha ben capito e dichiarato che la patata aiuta chi la pubblica. Di conseguenza, ha ben pensato di deliziare i visitatori del suo nuovo blog (tra le altre cose, interessantissimo già di suo) con un pò di passera generica. Io non posso che seguire il suo esempio, anche per non deludere tutti coloro che sono arrivati alla conclusione di questo post senza aver goduto delle grazie di qualche bella donzella. Foto estratta direttamente dall'archivio del PdL.


La patata generica che tanto ti piace.

Toscana Caledonia

Il modo migliore per gettare alle ortiche un bel ponte lungo? Affittare quattro appartamenti in agriturismo in Toscana. Come, direte! Ebbene si, per quanto bella e famosa, anche in Toscana piove. E cosa si può fare in codesto loco quando piove? Si mangia, si beve, si dorme. Si va in letargo, insomma. Che è esattamente ciò che ho fatto negli ultimi tre quattro giorni. In pieno stile Rasa Piave. (Ma dove?)

Anche dal punto di vista fotografico, per gli stessi motivi di cui sopra, non è stato un weekend entusiasmante. Sono rimasto mediamente soddisfatto di qualche scatto in bianco e nero, che mostrano come la campagna toscana non abbia nulla da invidiare ai paesaggi del Nord Europa e della Transilvania. Posto la migliore, cliccate sull'immagine per ingrandire.


Canon EOS 450D con 55-250mm alla focale 130mm; 1/1000 s, f/5,6; ISO 200. Lo scatto è stato acquisito in RAW; in post-produzione ho aumentato leggermente il contrasto e aggiunto il filtro seppia.